Augusto e la Campania: il legame, i suoi segreti e le sue peculiarità nella mostra al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fino al 4 maggio 2015.
Colpito da una terribile malattia che lo perseguitava da tempo, Ottaviano si fermò durante il suo viaggio che lo avrebbe riportato a Roma: Svetonio racconta che l’imperatore, pur sapendo di essere prossimo alla morte, senza scomporsi, appena prima di spirare, chiese uno specchio, si sistemò i capelli e chiamò a raccolta i suoi amici a cui chiese se aveva recitato nel migliore dei modi la commedia della vita, aggiungendo quella celebre formula conclusiva: “>Se la commedia è stata di vostro gradimento, applaudite e tutti insieme manifestate la vostra gioia“.
Gaio Giulio Cesare Ottaviano morì nei pressi di Nola, il 19 agosto del 14 d.C. Da quel giorno, l’Augusto, cioè il “degno di venerazione e di onore”, divenne il “divo”, ascendendo all’Olimpo romano, consacrato e celebrato come conveniva ad un dio.
Augusto fu il vero motore del cambiamento del destino di Roma e del Mediterraneo: durante il suo regno, la Campania assurse a luogo protagonista della sua ascesa al potere. A duemila anni alla morte del più grande tra i >princeps romani, e per celebrarne i fasti e gli onori, la Soprintendenza per i Beni archeologici di Napoli ha organizzato “Augusto e la Campania. Da Ottaviano a Divo Augusto. 14-2014 d.C.“, una mostra che rimarrà aperta al pubblico fino al 4 maggio 2015, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Al centro dell’esposizione napoletana, il particolare legame di Ottaviano Augusto con la Campania Felix; dalla fase di conquista del potere al consolidamento della pax augustea, passando, di conseguenza, per i 9 anni di principato e fino ad arrivare alla morte >apud Nolam: questi i punti salienti della “carriera” politica dell’imperatore più amato e rivoluzionario, colui che “>fece voto di compiere ogni sforzo, affinchè nessuno potesse rammaricarsi del nuovo stato di cose“.
Il clou dell’esposizione napoletana proviene dai pezzi pregiati dell’Archeologico che evidenziano una connessione tra il potere imperiale e i territori campani legati a doppio filo a quel potere: oltre 100 opere in mostra, alcune delle quali inedite, come il Cratere di Gaeta, il Marte di Cuma e l’iscrizione dei Giochi Olimpici ritrovata durante gli scavi della metropolitana di Napoli, restaurati ed esposti ad hoc per la rassegna. Il percorso attraverso cui si snoda la mostra, rievoca la parabola delle vicende “campane” di Augusto, l’umanità, la forza e il potere assoluto di chi fece di Roma l’indiscussa “caput mundi”.
(>Fonte foto: Rete Internet)


