“CORPI IN TRAPPOLA. VITA E STORIE TRA I RIFIUTI”

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    La camorra, che avvelena la Campania, non è solo un”organizzazione criminale, ma è la forma stessa della politica e dell”economia. Complici, le Amministrazioni pubbliche, spesso colluse. Di Amato Lamberti

    Il 9 giugno, alle ore 10, presso il museo di mineralogia dell’Università Federico II, in via Mezzocannone 8, al terzo piano, sarà presentato il libro “Corpi in trappola. Vite e storie tra i rifiuti, a cura di Vincenza Pellegrino e Liliana Cori, che raccoglie numerosi interventi di studiosi e ricercatori di diverse Università italiane e del CNR.

    Il cuore del libro è una ricerca sull’immaginario epidemiologico, realizzata attraverso interviste in profondità nei Comuni delle province di Napoli e Caserta più interessate dallo smaltimento illegale di rifiuti.
    I Comuni sono: Acerra, Caivano, Pianura, Giugliano, Castelvolturno, Villa Literno, Aversa, Marcianise, per quanto riguarda la prima fascia, quella più inquinata; Nola, Villaricca, Qualiano, Maddaloni, per la seconda fascia; Brusciano, Mugnano, Casapesenna, Frattamaggiore, per la terza fascia a basso inquinamento.

    Le interviste esplorano l’immaginario delle persone riguardo all’inquinamento del corpo, all’informazione scientifica, alla fiducia nei soggetti istituzionali che devono gestire le questioni ambientali e alle visioni del futuro della comunità.

    Il tema dei rifiuti e la devastazione del territorio, come emerge bene dalle interviste, assumono forme del tutto inusitate rispetto ad altre realtà italiane. “La gente comune, come scrive Vincenza Pellegrino, percepisce un “grande marciume”, parla di inquinamento e di governo illegale dei rifiuti negli stessi termini in cui lo fanno gli esperti, vale a dire definendo la camorra come un fenomeno globale, come un “sistema” in cui tutti sono dentro senza bisogno di chissà quali giuramenti d’onore o frequentazioni assurde, solo entrando a far parte di giri d’affari e di scambi nei quali la soglia tra pubblico e privato, politica ed economia, legale e illegale è superata, evaporata, quasi inconcepibile.”

    Un intero ceto sociale, che potremmo definire piccola borghesia, fatto di impiegati, commercianti, giovani neolaureati, lavoratori atipici, che aveva bene o male trovato una collocazione sociale, sono oggi travolti dall’aria irrespirabile, dall’acqua imbevibile, dai prodotti della terra inquinati, temono per la loro salute e quella dei propri figli, parlano del tumore come della minaccia incombente e sempre presente. Per comprendere la situazione che si è venuta a creare, dobbiamo partire dalla Campania che è, come dice Pietro Greco, una regione unica in Europa per l’intrecciarsi di almeno cinque fattori:

    -la presenza di una criminalità organizzata diffusa che in molte zone, soprattutto in provincia di Napoli e Caserta, si fa antistato e fa del controllo illegale del territorio, nelle sue diverse dimensioni, una delle leve principali del suo potere e una delle fonti principali della sua ricchezza;
    – una enorme disgregazione socioeconomica, resa ancora più acuta, nell’ultimo ventennio, da un processo di deindustrializzazione che ha visto chiudere le industrie manifatturiere e non ha visto realizzarsi alcun serio progetto di politica di riqualificazione e di ricostruzione del tessuto economico;

    – una enorme densità demografica che rende l’area a cavallo tra le province di Napoli e Caserta un’unica città “in-finita”, una megalopoli “in-terminata” in cui non c’è soluzione di continuità tra realtà urbana e realtà rurale, in cui si affastellano senza alcun ordine metropoli, paesi e campagne, case, capannoni, strade e terre coltivate, cemento, campi, discariche abusive, in una condizione di degrado senza eguali;
    -la presenza contemporanea di due grandi flussi migratori, l’uno in entrata (generalmente extracomunitari), l’altro in uscita (giovani, con un numero molto alto di migranti laureati) che si intrecciano in modo caotico e che contribuiscono a lacerare il già lacerato tessuto sociale;

    – la risposta autoritativa dello Stato che, nelle sue varie articolazioni, ora in maniera esplicita (attraverso leggi e decreti) ora in maniera implicita (attraverso il concreto operare o le omissioni delle burocrazie) inibisce di fatto a ogni livello la domanda di partecipazione, di trasparenza e persino di semplice informazione.

    A questi fattori aggiungo io, Amministrazioni pubbliche spesso colluse con le organizzazioni criminali per favorire il controllo della spesa pubblica da parte di una imprenditoria di rapina e di consumo scriteriato del territorio. La Campania, appare così, un territorio avvelenato nella terra, oltre che nell’anima dei suoi abitanti, dalla camorra che non è solo una organizzazione criminale, ma è la forma stessa della politica, dell’economia, dell’amministrazione pubblica in Campania come nell’intero Mezzogiorno.

    In un contesto con queste caratteristiche i rifiuti diventano il dispositivo simbolico che porta allo scoperto l’incapacità di governo di una realtà nella quale, saltato ogni confine tra legale e illegale, ognuno è chiamato ad inventarsi modelli d’azione e punti di riferimento.
    La ricerca sull’immaginario epidemiologico prende le mosse da Sebiorec, Studio epidemiologico e di biomonitoraggio umano della Regione Campania, nato come studio disegnato per valutare quanto le persone sono state esposte ai composti chimici che si trovano nell’ambiente, andando a misurare l’assorbimento di inquinanti, come le diossine e i metalli pesanti, nel sangue e nel latte materno di circa novecento persone che vivono in 16 Comuni delle province di Napoli e di Caserta.

    Per ogni persona che ha partecipato alla ricerca si sono raccolte con un questionario informazioni personali sull’abitazione, lo stato di salute, la condizione lavorativa, le abitudini e gli stili di vita, la percezione del rischio, le fonti di informazione e il livello di fiducia.
    La comunicazione dei risultati ha sollevato molti problemi a causa della sensibilità della popolazione, portata a reagire con risposte di allarme, ma anche a causa della diffidenza verso i livelli istituzionali privi ormai di alcuna legittimazione. Si è pensato così di affiancare alla prima ricerca un’altra indagine per esplorare l’immaginario delle persone, come ci parlano dell’inquinamento, cosa sentono del loro corpo esposto all’ambiente, cosa fanno per difendersi.

    La sintesi, secondo le parole di un intervistato, potrebbe essere questa: “non cammino per la strada altrimenti mi tocca respirare”, dove c’è tutta la disperazione di chi deve continuare a vivere in un contesto che si sa bene quanto sia inquinato, innanzitutto nell’aria. La crisi ambientale della Campania, dicono i ricercatori, è la manifestazione estrema di un processo di autodistruzione, una trappola che come tale deve essere spezzata, per trovare soluzioni che portino almeno a un miglioramento delle condizioni.

    Leggendo i saggi di questo libro, pur se travolti dalle denunce, dalla camorra e dal cancro, dal senso di colpa e dall’angoscia, si scorge il filo rosso di una nuova stagione di desiderio di un cambiamento radicale: un desiderio di democrazia che si presenta urgente, reale, legato alla stessa idea di salute e, potremmo dire, di sopravvivenza.
    (Fonte foto: Rete Internet)

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