Il CAI di Piedimonte Matese e i Cicloverdi Napoli rendono omaggio alla Mamma Schiavona presso le Sorgenti delle Gavete. Calorosa l’accoglienza della Paranza omonima.
Domenica scorsa a Somma Vesuviana, in concomitanza con la scoperta di un altro affioramento delle Sorgenti sommesi, la Paranza delle Gavete accoglie una folta delegazione del CAI e dei Cicloverdi, due attivi gruppi escursionistici e non nuovi, in particolar modo il Club Alpino Italiano, ad iniziative di rivalutazione culturale del territorio.
La Mattina è di quelle fredde ma per fortuna assolata e senza vento, il Somma e il Vesuvio sono imbiancati sul loro versante settentrionale e la giornata sembra ideale per visitare la Montagna. La sezione del CAI di Piedimonte Matese ha organizzato per questa giornata un momento di riscoperta della nostra terra, martoriata da spazzatura e abusivismo edilizio, ha deciso di farlo in virtù del principio che il territorio può essere tutelato solo se condiviso, e questo può accadere solo se le persone se ne riappropriano frequentandolo. Quale sodalizio migliore quindi se non quello della Paranza delle Gavete, il più recente esempio di cittadinanza attiva e di riabilitazione territoriale? Un gruppo di persone, senza forza alcuna se non quella della propria determinazione, che ha ripulito in buona parte le antiche sorgenti delle Gavete sul versante sommese del Vulcano.
Dopo un breve tratto urbanizzato, il gruppo, di trentaquattro persone più un cane, formato da soci CAI e Cicloverdi Napoli, s’incammina verso le Gavete, il paesaggio, diviene ben presto da cittadino a rurale e la gente del posto saluta con piacere la novità di quel plotone di escursionisti armati di bastoncini e zaino che le allieterà la mattinata, chiedono curiosi dove vadano così allegri ed equipaggiati; – sulle Gavete – gli si risponde, gli anziani sorridono nel chiarore di un remoto ricordo d’infanzia, altri non capiscono, sono i più giovani che non ne conoscevano l’esistenza, ma l’aria è di festa e se un domani altre persone saliranno alle Sorgenti, nel rispetto della Natura e della Mamma Schiavona, allora val bene anche lo sfottò di chi invece non vuol capire e vuol vedere il mondo solo dalla sua prospettiva.
Il sole ci aiuta, anzi la camminata corrobora e ci fa sudare, ma all’ombra fa freddino; il gruppo, opportunamente avvertito, non soppesa più di tanto lo scempio delle microdiscariche che incontriamo ma ne chiede ragione e si cerca di dargli una spiegazione che non sempre è facile fornire, per lo meno a rigor di logica. Dopo i piacevoli declivi terrazzati a vigna e ad albicocco, in pausa per meglio soddisfare il nostro estivo godere, entriamo in una gola fredda e umida ma dalla rigogliosa vegetazione mesofila, l’umidità infatti si fa sentire; all’avvicinarsi alle sorgenti udiamo un suono in lontananza che ben presto diventa più ritmico e viscerale, io so cos’è ma voglio pregustarmi la sorpresa dei miei compagni di viaggio, allorquando assisteranno al paesaggio con sorpresa che la Paranza gli offrirà.
Superato con una scala un dislivello raggiungiamo un teatro naturale, un emiciclo di lava consolidata e concretizzata nelle forme più svariate e lì, sullo sfondo, la piccola grotta con l’effige della Mamma Pacchiana, una versione tutta locale della Mamma Schiavona, assai venerata in tutta la zona a nord del Vesuvio. Gli escursionisti vengono accolti dalla Paranza a suon di tammorra e fisarmonoca e dagli ancestrali canti di Somma, la sorpresa è grande e piacevole, il freddo della sosta viene prontamente mitigato da un ottimo vino, da salsicce e taralli ‘nzogna e pepe. Qualcuno accenna un ballo, si spera solo per la musica e non per i bacchici effetti.
M’affaccio dall’alto di un dislivello e rivedo quei volti familiari dei paranzari, quelli che ho saputo apprezzare nelle mie precedenti escursioni o sul Ciglio durante le ricorrenze e ne apprezzo la calorosa accoglienza, mi dispiace non aver visto alcune persone che hanno permesso anch’esse la realizzazione di questo piccolo grande sogno e spero che possa essere solo un’assenza momentanea, perché le Gavete sono un patrimonio che ha ragion d’essere solo se condiviso da tutti.
Intravedo un cultore della storia locale e membro della Paranza, Tommaso Rea, che ci introduce alla storia del luogo, chiarendo le curiosità dei presenti, io, invece non posso far a meno che scorgere il nuovo sbocco delle sorgenti, di cui m’era giunta notizia attraverso il presidente della Paranza, Salvatore Lanzetta, e mi ci intrufolo.
Un’esperienza nuova, forse pericolosa, considerate le tonnellate di roccia lavica che mi son trovato per pochi minuti in testa, ma bella, mi sono sentito come nel in un ventre di materno, infatti non me ne sentivo inghiottito ma custodito, protetto, avrei voluto mettermi in posizione fetale e riposare un po’, per dimenticare lo stress della vita esterna a quel luogo, ma la musica ritorna incalzante, qualcuno mi chiama da fuori, ritorno alla realtà, – sarà per un’altra volta Madre Terra –
Dopo aver reso omaggio alla Madonna, il gruppo, contento e soddisfatto di aver conosciuto qualcosa di nuovo del poliedrico Vulcano, riprende la via del ritorno. Una parte di essi si stacca e decide di rendere omaggio alla Madre con l’ascensione al Somma, verso Punta Nasone, ‘Ngoppa ‘o Ciglio! Freddo, ghiaccio e neve li accompagnerà ma ne varrà la pena.
Pe’ cient anne!


