Un caffè con… Pasquale Piccolo

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Pasquale Piccolo

pasquale piccoloSessantacinque anni, avvocato civilista, già esponente del consiglio direttivo del Parco Vesuvio, uomo di destra che ha scelto – per le sue due ultime candidature – le liste civiche. Nel 2014 (il compleanno della sua amministrazione ricorrerà il 9 giugno prossimo) è stato eletto sindaco di Somma Vesuviana. È  sposato, ha due figli che seguono entrambi le sue orme nella professione. Come da copione per questa rubrica, alla fine dell’intervista è allegato il tema natale astrologico del protagonista. Ebbene, Piccolo appartiene al segno dello Scorpione ma, al momento della nostra chiacchierata, non conosceva ancora il suo ascendente dunque, giacché teniamo alla parte goliardico – astrologica di questa rubrica, gli abbiamo chiesto di produrre l’estratto di nascita per conoscere l’ora esatta del suo primo vagito in quel di Somma Vesuviana. Detto, fatto. Per cui ora, i curiosi o coloro i quali credono semplicemente che la conformazione del cielo al momento in cui si viene al mondo ci segni tutta la vita, potranno sapere che il suo ascendente è  nel segno del Cancro. La combinazione di elementi Acqua/Acqua gli conferisce perciò un che di serafico che contribuisce a renderlo una persona pacata. Quanto meno in apparenza.

Sindaco, cominciamo con la tua esperienza di militanza politica. Quando i primi approcci?

«La mia prima esperienza risale al 1972. Ero iscritto al Movimento Sociale Italiano e la prima campagna elettorale da militante fu quella per le elezioni politiche, sostenevo Sergio Cola (ndr, avvocato e politico di San Giuseppe Vesuviano, già deputato) nella lista Msi. Il mio ricordo più bello e intenso di quegli anni è il comizio di Giorgio Almirante in piazza Plebiscito a Napoli. Fu eccezionale».

Da allora sei sempre rimasto coerente, in termini politici?

«Sono sempre stato un uomo di destra ma saprai benissimo che all’epoca avere le sezioni Msi in un paese era cosa rara. A Somma non esisteva appunto una sezione che c’era, invece, a Sant’Anastasia e della quale ricordo con affetto gli amici di allora: i gemelli Visone, Mimmo Iossa, Dino Frasso che ho rivisto di recente dopo tanti anni. Perciò mi candidai alle comunali nel Psdi –era il 1981 – ma non riuscii ad essere eletto nonostante i miei rispettabilissimi 580 voti».

Nel Psdi? Perché?

«C’erano solo quattro partiti all’epoca, scelsi quello con l’anima sociale più marcata. Mi ricandidai nel 1985 e fui eletto in consiglio comunale. Poi ci fu la fusione Psdi – Psi – era il 1987, mi ricandidai e fui rieletto. Dopodiché preferii dedicarmi alla professione. Ma nel 2001 ci fu l’esperienza della lista “La Ginestra”, la prima. Il candidato sindaco era Ciro Raia, nella lista eravamo quasi tutti amici di classe. Fu bellissimo ma perdemmo per pochi voti».

Il professore Raia non si può dire uomo di destra…

«Ma sarebbe stato un ottimo sindaco. Nel 2004, poi, fui candidato alle provinciali in una lista che faceva capo a Forza Italia e raggiunsi quasi cinquemila preferenze ma giacché Dino Di Palma vinse allora con il 63% non scattò il quoziente, nonostante il risultato».

Quando ci fu la svolta di Fiuggi abbracciasti anche tu l’idea  che dette vita ad Alleanza Nazionale?

«A dire il vero in quegli anni ero lontano dalla politica attiva. L’ultima tessera che ho avuto in tasca è quella di Forza Italia. Mi dedicai alla professione crescendo molto negli anni ’90 e arrivando ad essere, tutt’oggi, fiduciario di diverse compagnie di assicurazione. Ho conquistato tutto con le mie mani».

Nonostante la tua non militanza per molti anni, sai che in città ti chiamano ancora con un soprannome che è tutto un programma, vero? Lo dici tu o te lo ricordo io?

« Mi chiamano “il fascista”. O, in napoletano, “o’ fascistiello”».

Ti infastidisce?

«Per nulla, assolutamente no. Mi è rimasto cucito addosso da quando ero segretario del Fronte della Gioventù, va bene così».

Spesso i soprannomi finiscono per identificare i clan familiari nei nostri paesi, ai tuoi figli darebbe fastidio?

«Ma no. Poi sono di destra e molto ironici, entrambi».

Parliamo della tua professione: fare l’avvocato era quel che sognavi da bambino?

«No, non proprio. Sin da piccolo prima, e da adolescente poi, la mia aspirazione era quella di diventare medico, tant’è che dopo il liceo classico, frequentato ad Ottaviano, mi iscrissi a Medicina».

Perché hai poi cambiato corso di studi?

«Nel 1963 mia madre fu operata per un fibroma e nel ’69 – il mio primo anno di studi universitari, appunto – ricominciò ad avere disturbi. Era l’epoca in cui si cominciava a parlare di biopsia, l’esame clinico poi diventato fondamentale per escludere forme di cancro.  Dunque mia madre si sottopose a quell’esame nella clinica San Felice di Pomigliano d’Arco, quando io avevo appena diciannove anni. Fui io ad avere il compito di portare quella boccetta, contenente il tessuto prelevato, da un professore il cui studio era a piazza Carità, a Napoli. Mi dissero che non dovevo agitarlo, che non dovevo capovolgerlo, e così feci, con la massima attenzione, molto preoccupato. Arrivai lì, ricordo un luogo angusto, soffocante e un medico vecchio nonché poco simpatico. Prese la boccetta e la agitò. Io dissi: “Qui dentro c’è mia madre”. Mi rispose in maniera sbrigativa di tornare otto giorni dopo. Non volli, ci andò mio padre insieme a mio cugino Antonio. Quel giorno io dovevo seguire, guarda caso, il corso di istologia al Policlinico Vecchio. Andai lì ma scoprii che la lezione era rimandata. Incontrai due colleghi che mi convinsero ad andare con loro perché, sebbene al primo anno di Medicina, erano riusciti tramite un infermiere ad avere accesso alla sala dove gli studenti si esercitavano sezionando cadaveri. Ricordo porte alte almeno tre metri, un gruppo di studenti che maneggiavano viscere, un altro che lavorava sul tendine di un polso facendo muovere un dito. Che dire, i miei amici avanzavano e io arretravo soffocato dalla puzza di canfora, di disinfettante, dalla visione che non mi entusiasmava. Uscii, attraversai Mezzocannone e, nello stesso momento, incrociai l’auto con mio padre e mio cugino che tornavano dall’aver ritirato i risultati della biopsia di mamma. Mi rassicurarono, era andato tutto bene. Tant’è che mia madre è vissuta per altri quarant’anni. In quel momento però avevo già deciso  – e lo annunciai a papà – che avrei cambiato facoltà. Non sopportavo la vista del sangue, né quella della morte. Non faceva per me».

E ti iscrivesti a Giurisprudenza. Avvocato per caso, potremmo dire.

«Per caso prima, per amore della materia subito dopo aver intrapreso quella strada che, ora so, era la mia. Non sono stato uno studente brillante, ho conseguito la laurea in sei anni e mezzo ma all’epoca i tempi erano buoni, pensa che a Somma Vesuviana c’erano solo quattro avvocati. Mi sono laureato nel 1976, abilitato alla professione tre anni più tardi».

Mi racconti della tua infanzia e della tua famiglia di origine?

«Mio padre e mia madre erano contadini. Ho una sorella. L’infanzia? Non avevamo molti soldi e io non ne ho mai chiesti a casa già da quando avevo diciassette anni. Andavo a raccogliere la frutta o facevo altri lavori, aiutavo mio padre in campagna. Tutto per non pesare sulla famiglia che già faceva enormi sacrifici per pagarmi gli studi, tutto per essere indipendente. Questa è una storia che racconto sempre ai miei figli».

L’incontro con tua moglie?

«Nel 1983, Annamaria è più giovane di me di dodici anni, figlia di due insegnanti di scuola elementare. Però la persi di vista, la rincontrai nel 1985 e l’anno dopo ci sposammo. Lei è laureata in Informatica e insegna Matematica all’Istituto Alberghiero di Pollena Trocchia. Abbiamo due figli: Mario che è già un avvocato civilista e Benedetta che si laureerà in Giurisprudenza tra pochi mesi».

Sulle tue orme, dunque.

«Sì, ma più fortunati.  Nel settore della professione che ho scelto c’è lavoro per tutti, se vorranno».

Consiglieresti ad un giovane studente che vuole diventare avvocato, ma non ha un papà come te alle spalle, di intraprendere la professione?

«Sì. Le intelligenze e l’amore per la materia non si possono sopprimere. Conosco giovani colleghi di prim’ordine che faticano ad avviare gli studi ma la competenza e la passione pagano. Forse non sempre ma se un giovane sente che è quella la sua strada, deve prenderla».

Studio, politica, casa. Hai anche del tempo libero?

«Pochissimo. Rimango in casa o allo studio, lavoro anche tredici ore al giorno, a volte più. Leggo molti quotidiani, guardo i telegiornali o i programmi di informazione. Esco con amici. Libri no, da tempo non più».

L’autore dell’ultimo libro che hai letto?

«Agatha Christie».

Mi spieghi perché, a un certo punto della vita, hai deciso che avresti voluto fare il sindaco della tua città?

«Passione politica e aspirazioni legittime a parte, è una tradizione di famiglia. C’è stato un Pasquale Piccolo sindaco di Somma Vesuviana negli anni ’50, era mio nonno. Sindaco è stato pure mio cugino Antonio (Tonino), la prima  volta nel 1986 e in consiglio comunale sedevamo in cinque cugini tra cui Vittorio, anche lui sindaco poco più tardi».

Tutti con le stesse idee, diciamo così, «conservatrici»?

«Mio nonno era monarchico, fai tu».

Sei riuscito a riportare un Piccolo a Palazzo Torino. Pentito?

«No, certo immaginavo di non trovare una situazione rosea. Ma toccarla con mano è tutt’altro, impatti con una realtà che spesso scoraggia».

In campagna elettorale promettesti di essere un sindaco dalle «porte aperte». Ci riesci?

«Sono abituato ad avere a che fare con le persone e da sindaco ancor di più. Ricevo i cittadini due volte alla settimana, dalle 9,30 alle 13. Nove su dieci sono alla ricerca di un lavoro e ti rendi conto che c’è gente davvero bisognosa e altri che tentano di speculare. Qualcuno prova ad arrivare con le bollette da pagare in mano, in quei casi spiego che un sindaco davvero non ci può far nulla».

Tu hai anche rinunciato allo stipendio, lo rifaresti?

«Mille volte sì. Ho rispetto di chi percepisce gli emolumenti da amministratore e io, facendo un po’ di conti, rinuncio a 3200 euro al mese, calcolando per cinque anni sono circa 370 milioni di vecchie lire. Ma per me è un servizio ai cittadini, ho una professione che mi consente di fare una vita dignitosa senza farmi mancare nulla, se incassassi anche il denaro che mi viene dalla carica mi sentirei un prezzolato. Certo capisco anche che chi si impegna anima e corpo nella missione di amministratore e non ha un reddito che gli consenta di sottrarre tempo per questo, non potrebbe consentirselo».

Ai tuoi assessori lo avevi chiesto?

«No, però si sono comunque ridotti gli emolumenti. La mia è una squadra di giovani, competenti e con una volontà di ferro, quella che io ho fatto è una scelta intima che riguarda solo me e ci rimetto di mio, non potevo e non volevo pretenderla da altri, in caso contrario potrebbe fare l’amministratore solo chi ha una condizione economica solida alle spalle, non sarebbe giusto né equo. Poi lavorano, e tanto. Magari gli assessori fossero sempre stati tutti così».

Sai che in città non tutti sono contenti dell’operato della tua giunta nel primo anno?

«Ma di che parliamo? Ci potranno, per così dire, “giudicare” per l’operato reale solo alla fine di quest’anno. Ti ricordo che siamo la terza amministrazione in un solo anno- gestione commissariale compresa – e abbiamo varato il bilancio di previsione il 30 novembre mentre da ora la programmazione la faremo noi. E stiamo facendo bene, nonostante la comunicazione appena arrivata  che ci dice come dovremmo ridurre la spesa corrente di diverse centinaia di migliaia di euro».

Qualche tempo fa manifesti affissi in città definivano la tua amministrazione «Mocerino – Piccolo». Ti hanno irritato?

«Perché avrebbero dovuto irritarmi? L’Udc è una parte essenziale della mia amministrazione e Carmine Mocerino (ndr, consigliere regionale Udc) ha avuto un ruolo importante, il partito ha preso 3200 voti. Le battutine sarcastiche non mi toccano perché tra ciascuno di noi c’è rispetto dei ruoli. Non ci sono certo prevaricazioni e ti assicuro, per come mi conosco, non ve ne saranno».

Le quote rosa in Giunta. Un problema, a quanto so. Dovresti nominare un altro assessore donna.

«Già. Dieci giorni fa è giunta una comunicazione del Prefetto che mi invita a provvedere. Al momento ho due assessori donna, dovrebbero essere tre. Io ho risposto al Prefetto che devo indicare una persona della quale mi fidi e della quale conosca e riconosca le qualità. Ne ho interpellate finora più di dieci. Avvocati, professoresse e quant’altro. Mi hanno tutte detto di non essere disponibili. Non posso mica nominare una donna a caso. Sai cosa? Questa norma la contesto a priori, la parità non dovrebbe essere imposta ex legge, abbi pazienza.   Vorrei far notare che nella composizione della mia lista, L’Aurora, ho dovuto far attenzione nel rispettare la quota azzurra, non quella rosa.  Nella mia cultura c’è il rispetto, non ho nessuna remora nei confronti delle donne e lavoro bene con loro, tant’è che allo studio ho sei collaboratrici. Adempiremo alla norma ma certamente non con un’assessore donna scelta a caso».

Qual è la cosa più importante che da sindaco hai fatto finora?

«Finalmente il Piano per gli insediamenti produttivi e tra un paio di mesi, dopo le norme attuative e la conferenza di servizi, lo adotteremo e abbiamo certezze che nuove o vecchie aziende sceglieranno il nostro territorio. Stiamo anche per dare l’incarico per il Puc e abbiamo varato il comodato gratuito per la seconda casa. Cioè, adesso, chi è proprietario di un secondo immobile se questo è adibito ad abitazione di un figlio, con contratto di comodato d’uso registrato regolarmente alla Agenzia delle Entrate, risulta casa di cui ha godimento e dunque risparmierà sulla Tasi».

Qualcosa che invece avresti già voluto fare e non sei riuscito?

«Solo questione di tempi. Nell’arco di venti giorni sarà pronto il progetto per il centro sportivo, chiederemo un finanziamento di circa 4 milioni di euro».

Il futuro di Somma è nel turismo e nei beni culturali?

«Turismo, beni culturali e insediamenti produttivi. Ma sul fronte che dici, tempo un paio di mesi, renderemo fruibile tutto o almeno in parte il Castello d’Alagno dove si terrà una manifestazione sui cento anni dalla prima guerra mondiale. Entro maggio. Per la Villa Augustea invece, mi farò portavoce presso gli imprenditori di Somma perché stiamo tentando di chiudere un’operazione importante rispetto ai terreni che circondano gli scavi. In più, c’è una richiesta di finanziamento di un milione di euro per il Casamale, rione dove starebbero molto bene attività di bed&breakfast».

C’è un potere che da sindaco vorresti avere e invece non hai?

«Certo, quello di abolire il potere della Sovrintendenza sui nostri territori. Ma anche quello che ogni sindaco dovrebbe avere per legge e non ha: ossia di scegliersi i funzionari e i dirigenti una volta eletto. Invece ogni volta ci si scontra con mentalità diverse, anche se sposti una persona da una stanza all’altra. Una stanza, non un paese. C’è ribellione ma io lo farò comunque, nel mio programma c’era e c’è una razionalizzazione pensata per ottimizzare il lavoro. Andrò in questa direzione, anche se ci saranno scontri. Al Comune di Somma c’è un organico ridotto e molto anziano: dovremmo avere 263 dipendenti, ve ne sono 104. Appena il 40 per cento. E non possiamo assumere, nemmeno i concorsi già banditi si possono più fare a causa dell’ulteriore blocco riguardante il personale dell’ex Provincia in mobilità».

Un anno da sindaco: se dovessi dire qualcosa ai tuoi cittadini?

«Direi loro di non perdere mai entusiasmo e speranza. Noi stiamo impegnando, e impegneremo, tutte le nostre forze per potenziare le vocazioni del territorio. Per creare le condizioni affinché sorgano posti di lavoro».

Si ha l’impressione, dal tuo insediamento, che esista un difetto di comunicazione Palazzo – Città. Ritieni sia così?

«La verità è che amo sul serio pochissimo la pubblicità, non mi piace enfatizzare perché ritengo di far solo il mio dovere. Capisco che dovrei saper “vendere” di più quanto prodotto, ma io trovo sia normale lavorare in silenzio, per bene e per i cittadini.  Sono così anche nella professione».

 Sei stato nel Consiglio direttivo del Parco Nazionale del Vesuvio e ora ne fai parte come componente della Comunità dei Sindaci. Cosa è il Parco, una realtà o semplicemente dei confini su una cartina?

«La seconda che hai detto. Il Parco è nato per accontentare qualcuno, poi non ne hanno finanziato le attività e lo dico con cognizione di causa. Esiste per erogare stipendi e sia chiaro che non ce l’ho con i dipendenti, che non hanno colpa,  bensì con chi ha dato origine a questa selva di poteri costituiti. I sentieri sono ostaggio delle guide, le zone che potrebbero essere rese fruibili con chalet e altro sono intoccabili. L’anno scorso alcuni cittadini del Casamale hanno fatto richiesta per poter pulire, a loro spese,  sentieri del Ciglio. La risposta è stata: no. Da sindaco ho partecipato alle riunioni della Comunità appena un paio di volte, non serve a nulla, non ci sono economie da investire, solo vincoli e veti. Eppure si potrebbero fare cose bellissime. Io penso che in Italia la spesa più gravosa riguardi gli Enti inutili, altro che i politici. Perché quella dei politici la quantizziamo, almeno. Questa invece no. Una barzelletta che forse non è proprio da ridere diceva: ogni tre italiani, abbiamo un presidente».

Senza arrivare al ventennio, c’è un politico italiano che ritieni valido?

«Ecco, ora la risposta ti sembrerà strana: per il passato ho stimato molto Bersani.  Secondo me se cinque anni fa non ci fosse stato lui ora il Pd non esisterebbe. Mi piaceva anche Fini, poi si è perso in una serie di errori, anche gravi».

Chi è stato per te il miglior sindaco di Somma Vesuviana?

«Senza tornare a trent’anni fa quando fare il sindaco era certamente più semplice, diciamo che ciascuno di coloro che mi ha preceduto aveva sicuramente notevoli pregi».

Non vuoi rispondermi.

«Ti ho risposto».

Vediamo di conoscerti un po’ meglio: hai mai assunto droghe?

«Nemmeno per idea. Non ho mai fumato nemmeno una sigaretta».

Altri vizi?

«No».

Sai cucinare?

«Se parliamo di un piatto di pasta in bianco o di un uovo fritto sì. Ma per fortuna mia moglie cucina benissimo ogni cosa, dal risotto ai quattro formaggi alle tagliatelle alla bolognese».

Credi nell’amicizia? Hai più «amici» da un anno a questa parte o no?

«L’amicizia è un sentimento importantissimo. Ho gli amici di sempre e rifuggo dalle falsità, me ne rendo conto subito. Uno degli amici a me più cari è un tuo concittadino (ndr, di Sant’Anastasia) che ora vive a Trieste, un commissario in pensione, Sergio Sodano. Tra qualche giorno sarà a Somma Vesuviana e parleremo come sempre di tutto, con affetto».

Hai rimpianti o rimorsi?

«Né gli uni né gli altri. Sono stato un fortunato da questo punto di vista».

Sei sempre molto curato nell’abbigliamento, preferisci i vestiti sartoriali?

«Sempre, anche le camicie».

Il tuo ideale di eleganza maschile?

«Luca Cordero di Montezemolo».

Il tuo ideale di bellezza femminile?

«Mia moglie».

Dai, intendevo una donna famosa. Non se la prenderà, la tua signora.

«Un’attrice dei miei tempi, Florinda Bolkan».

Qual è l’ultimo regalo che hai fatto a tua moglie?

«Credo sia passato del tempo. Forse due anni. Un anello e un braccialetto di perle».

Che padre sei per Benedetta e Mario? Ci sono differenze sostanziali con il rapporto che avevi tu con il tuo papà?

«Credo di essere un padre molto attento.  Bellissimo era anche il rapporto con mio padre, ma allora non si approfondivano mai alcune tematiche in famiglia, oggi è diverso perché ci si pone problemi di altro genere».

Sei superstizioso? Credi nei fenomeni soprannaturali?

«Mi capita. Non amo staccarmi dalle cose, anche quelle materiali, come se portasse male. Diciamo che sono un conservatore con un pizzico di scaramanzia.  Di fenomeni soprannaturali non saprei, però mi capita di “riconoscere” luoghi che non avevo mai visto, di aver l’impressione di aver fatto già una data cosa, di immaginare cose che poi capitano subito dopo. Dejà vù. A volte non si dà importanza a determinati avvenimenti, ci si pensa dopo».

Cattolico osservante e praticante?

«Osservante sì. Praticante all’italiana. Mi sento appagato quando partecipo ad una celebrazione religiosa, mi confesso più o meno quattro volte l’anno, credo in Dio».

Papa Bergoglio è stato di recente a Napoli suscitando come sempre entusiasmo. Anche in te?

«Non ho ancora compreso fino in fondo questo Papa. Tra i Pontefici che si sono succeduti ricordo con molto affetto Giovanni XXIII».

Isis, attentati che coinvolgono anche italiani, interpretazione del Corano ai limiti della follia e della violenza: ti fa paura tutto ciò?

«Sì, quanto sta avvenendo nel mondo è irrazionale, senza una logica, come può non far paura?»

E se uno dei tuoi figli ti si presentasse con un fidanzato o una fidanzata musulmana?

«Metterei al primo posto sempre la serenità e il volere dei miei figli. Anche se…conoscendo il carattere determinato di mia figlia, sarei preoccupato per il musulmano».

Hai mai fatto qualcosa che andasse controcorrente, una pazzia?

«No, sono sempre stato molto pacato. Ho sempre ragionato su ogni cosa. Da giovane sai, si facevano magari scherzi telefonici agli amici e, per esempio, io rifiutavo. Avevo timore che anche una cosa così innocente potesse creare nell’altra persona problemi. Paura di macchiarmi di qualcosa. Ecco perché non ho rimorsi».

Da uomo di legge: oggi esiste il garantismo in Italia? O sei tra coloro che parlano della «dittatura dei giudici»?

«Garantismo? No, non esiste purtroppo. Ma anche i giudici sono manipolati e preda di disegni preordinati. Poteri forti, finanziari e massonici. Credo che il mondo sia governato da 50 o 60 persone in tutto e anche qui in Italia, laddove i poteri di cui parlo esistessero davvero, il presidente del Consiglio attuale sarebbe solo una pedina, uno messo lì per risolvere alcuni problemi. Tant’è che non credo arriverà alla fine del mandato. Renzi ha l’arroganza di chi si sente forte, avalla le dimissioni di un ministro nemmeno indagato e subito dopo dice che non chiederebbe a ministri indagati di dimettersi. Poi a Napoli è candidato come presidente della Regione uno del suo partito con una condanna alle spalle. In altri tempi si sarebbe aperta, come minimo, una crisi di Governo».

I giudici si lamentano delle ferie ridotte. E gli avvocati?

«Ti posso assicurare che in 38 anni di professione non ho mai visto un provvedimento a favore dell’Avvocatura. Ogni Governo toglie qualcosa agli avvocati. Mi chiedo a questo punto quale potere avessimo cent’anni fa, forse secondo loro governavamo il mondo. Oggi un collega che abbia un reddito minimo non può nemmeno essere iscritto alla Cassa, lo trovo inaudito».

C’è una legge attuale che cambieresti se potessi farlo domattina?

«Ripristinerei la legge, formulandola in maniera ovviamente diversa, sulle case di cura per malattie mentali. Perché c’è tanta gente abbandonata, tanto dolore per le famiglie che necessiterebbero di aiuti e competenze, di umanità».

Destra e Sinistra. Esiste ancora la distinzione politica?

«Ideologica sì. Per il resto solo lobbie di potere».

Che pensi della Lega? Se vivessi, mettiamo, a Bergamo?

«Per condividerne determinati principi non si dovrebbe avere una mentalità meridionale come la mia. C’è differenza: qui al Sud nessuno sarà mai lasciato morire di fame, qui nessuno di noi porta i genitori negli ospizi perché ormai la loro vita l’hanno fatta. Qui se vediamo una persona in difficoltà tentiamo di aiutarla. Il modus vivendi è diverso, senza generalizzare troppo, naturalmente»

 A Somma Vesuviana ci sono di sicuro persone che hanno fame…

«E io faccio il possibile,da sindaco. I nostri servizi sociali funzionano benissimo, quel che faccio da privato cittadino non è elegante dirlo in un’intervista».

Il clientelismo è vivo e vegeto nelle amministrazioni e in politica?

«Meno che in passato, oggi gli organi di controllo sono molto attenti, certe catene si sono interrotte».

E da sindaco ti preoccupa la scure della magistratura?

«No, non mi impressiona. Vivo tranquillo e sereno, sono una persona onesta».

Per te l’Occidente è superiore economicamente e culturalmente alle altre civiltà del mondo?

«Culturalmente ancora sì. Direi diverso più che superiore. Altri principi, altre usanze. Economicamente non so per quanto ancora. Perché vedi, in Italia abbiamo sette – otto milioni di stranieri che attuano ogni giorno, inconsapevolmente, una esportazione di valuta. Ciascuno di loro che lavora qui manda soldi nel proprio Paese, soldi che non ritornano più e che dunque non sono reinvestiti. Tutto ciò a lungo andare, ma già si notano i sintomi, creerà problemi gravissimi, siamo appena all’inizio».

Di che forma di governo avrebbe bisogno l’Italia?

«Certi tipi di governo non sono più attuabili».

Io non te ne ho citato uno in particolare, devo ricorrere al brocardo “excusatio non petita, accusatio manifesta”?

«Non l’hai citato. Però l’hai pensato. Credo ci sia bisogno di restrizioni, di un presidenzialismo su base maggioritaria. La legge per l’elezione dei sindaci applicata per eleggere il Presidente del Consiglio non sarebbe male. Inoltre farei le liste con nomi prese dalle sezioni di partito, non da cugini, cognati, figli, sorelle e compari».

Hai mai fatto a botte con qualcuno? Anche da giovane, intendo.

«Non ricordo, penso di no».

Cosa pensi del ricorso alla violenza, in certi casi?

«Non mi appartiene. Ma se facessero del male ai miei figli non so dirti come reagirei pur non essendo un violento per carattere».

Il tuo giorno più bello e quello più brutto.

«I giorni più belli sono due: quelli in cui sono nati i miei figli. Anche quelli più brutti sono due: quando sono morti i miei genitori».

Fai conto di avere a disposizione improvvisamente una cifra di denaro spropositata. Che fai?

«Mi regalerei qualcosa di grande. Viaggerei. Andrei a New York perché, pur avendo visitato molti paesi europei, vorrei toccare con mano quell’idea di grandezza che non riesco ad immaginarmi e che ho visto per ora solo nei film».

Ti capita di percepire negatività in alcune persone?

«Mi è accaduto stamattina, ovviamente non dirò di chi si tratta».

Sei un giocatore o uno sportivo?

«Giocavo molto a poker in passato, ogni tanto mi piace ancora. Non sono particolarmente tifoso né sportivo. Però da giovane ho tentato di imparare il tennis e, nonostante l’altezza, ho giocato a pallacanestro».

La tua canzone preferita?

«Amo le napoletane classiche. Mi piace “Carmela” di Sergio Bruni».

Nel momento in cui farai un bilancio della tua vita, cosa vorrai esser certo di aver trasmesso ai tuoi figli?

«Serietà, onestà, disponibilità nei confronti degli altri».

Tu lo sei, disponibile?

«Ventiquattro ore al giorno, umanamente e professionalmente, non mi sottraggo mai».

La democrazia è un bene o un male?

«Se esasperata è un male. In certi momenti storici c’è bisogno di un governo forte. Mai però un uomo solo al comando, ciò sfocerebbe in dittatura».

Ipotizziamo che tu debba scegliere, ora e qui, se ti ricandiderai per un secondo mandato da sindaco. Che fai?

«Ci penso e dipende dai giorni. Però ho fiducia in me, dunque se io so di poter far bene e dico no e poi arriva un altro che invece fa male? Direi di sì».

 Sei un po’ narcisista?

«No, solo cosciente del mio impegno e responsabile».

Se potessi, semplicemente volendolo, resuscitare un personaggio o più del passato?

«Personaggi famosi o storici no. Due persone sì: mia madre e mio padre».

Chiudiamo con il primo proverbio che ti viene in mente e ti rappresenta?

«La calma è la virtù dei forti».

 

 

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