Terzigno a telecamere spente

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Terzigno: telecamere che contemplano la munnezza

Tornare a Terzigno è sempre un’emozione, vedere quel luogo baciato dal sole, vedere quella pineta rigogliosa mi entusiasma ma, abbassare lo sguardo mi commuove e al contempo mi fa rabbia, perché nel farlo sono costretto ad assistere alla violenza attuata da chi ci vive e all’ipocrisia di un sistema di sorveglianza inesistente. Le foto dello spazzatour

Sulla 268, passata l’uscita di Ottaviano, e i tanti cantieri da troppo tempo aperti, si percorre una striscia d’asfalto arginata dai rifiuti e dove anche le piazzole per la sosta d’emergenza ne sono ricolme. All’imbocco dell’uscita di Terzigno/Poggiomarino intravedo un rogo uno dei tanti fuochi dimenticati e, sempre contorniato da sacchetti di plastica, mi incanalo verso la strada principale.

Lì mi accoglie un amico, col quale già feci uno spazzatour qualche anno fa, con lui concordo che la situazione, rispetto agli anni della cosiddetta emergenza, non è poi cambiata più di tanto: lo scarico di rifiuti è sempre là, persistente ed evidente; sarà poi che fin quando ‘a munnezza non ti arriva al primo piano è tutta normalità ma i comitati e i molti personaggi del mondo della politica e delle istituzioni, quelli che, allora come oggi, vantavano il loro impegno ambientale, sembrano ora solo nutrirsi delle loro stesse parole e senza aver cambiato di una virgola lo stato deprecabile di quei luoghi, continuano a parlarne senza nozione di causa o come l’immagine lontana di quei giorni di rivolte; la pax politica ha appianato ogni disputa, ha smorzato ogni velleità, soprattutto quando l’amministrazione ti è amica.

Percorriamo la stradine vicinali che lambiscono i limiti del Parco Nazionale, al di sotto di Via Leonardo da Vinci là dove impera il pezzame e il rogo dei rifiuti. Il nostro scopo è quello di verificare lo stato e l’eventuale deterrenza del nuovo (ammesso che ce ne fosse mai stato uno vecchio) sistema di video sorveglianza.

Il nostro tour inizia in Via Verdi là dove ai margini della strada sono ammassati strati di pezzame e rifiuto vario, compattati dal fuoco dei roghi. Incominciamo a vedere le prime telecamere ma ci accorgiamo subito che, per quanto all’avanguardia, con pannelli solari ed antenne wi-fi, risultano danneggiate e depredate, mancano centraline e batterie, quindi inutili perché non funzionanti. Ci spostiamo ancora lungo il reticolo che si interseca attorno Via Giuseppe Verdi e comproviamo che tutte le telecamere hanno subito lo stesso destino, anzi, in certi casi non manca solo la centralina, mancano anche le telecamere stesse, i cavi, e in un caso tutto l’apparato, anche il pannello fotovoltaico.

È ironico pensare che quelle telecamere, quelle che avrebbero dovuto vigilare su quelle martoriate strade, non sono state neanche capaci di vigilare su se stesse e riprendere chi andava a rubarle. Magari, quel costoso sistema non è mai entrato in funzione e di certo mai lo farà.

Anche sotto il cavalcavia della 268 il rifiuto impera e anche lì c’è una telecamera, attaccata alla meno peggio col filo di ferro e pure in questo caso non abbiamo dubbi sulla sua inutilità e sul fatto che in quel luogo, il rogo non sia una novità. Le mura della struttura annerite dal fumo e le pluviali in metallo deformate dal calore, ci mostrano non solo lo squallore ma anche la pericolosità di quella situazione.

Tutt’attorno regna il rifiuto e l’indifferenza, sulla strada, così come nei noccioleti circostanti.

Lasciamo quel luogo disgraziato per vederne un altro, raggiungiamo Via Campitelli, stavolta stiamo in area Parco ma la storia purtroppo, così come sapevamo, non cambia. La pineta alla nostra destra conserva gelosamente qualche saccone della ASTIR lasciati lì come ricordo per chi ne sentisse ancora la mancanza. La via asfaltata è alquanto pulita, per lo meno secondo i canoni meridionali, forse frutto dei lavori affidati alla SMA, quelli che riguarderanno il verde urbano dei 13 comuni del PNV, dimenticando però che il Parco è anche e soprattutto sentieristica ed area protetta, ma tutti sappiamo che, nell’economia della politica locale, rende meglio un’aiuola che un sentiero.

Per cui, lasciato l’asfalto, grottescamente riappare il rifiuto, il sito di scarico, si dipana nella pineta di Terzigno, oggi come sempre, con o senza telecamere.

Sulla videosorveglianza in area vesuviana

Stato dei luoghi nel 2013