Somma Vesuviana, la Collegiata: un museo immerso nella storia della città

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1877

Ogni città ha il suo museo, spiega il Dott. Gaetano Maria Russo, ed il nostro è la Collegiata del quartiere Casamale. In questi giorni, durante la kermesse Crisommole 2021, la struttura è stata al centro di un progetto, che ha permesso di osservare da vicino e conoscere l’immenso patrimonio custodito. Prima del 1599, comunque, nessuno avrebbe scommesso che una piccola cappella del borgo sarebbe diventata, un giorno, il tempio più prestigioso della città.

 

Nel quartiere Casamale della Terra di Somma sorgeva nel 1561, quasi diruta, sine clausura et plena immondizie una cappella gentilizia di San Giacomo di diritto patronato della nobile famiglia Strambone, Duchi di Salza. In detta epoca era rettore il Rev. Nicola Angelo De Marco e, successivamente, dopo la morte di questi, il Rev. Lorenzo de Averaimo. Nel 1586 i compratori suddetti (gli Strambone) rinunziarono ogni loro diritto in beneficio del Monastero di Santa Maria della Sanità dell’Ordine di Sant’Agostino, che allora veniva costruito, e venne quella Cappella annessa alla fabbrica di detto Monastero. Un rogito del 1 maggio del 1586 del notaio Carlo Majone, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, ci conferma, infatti, che i figli di Iacobo Strambone concessero al frate e monaco Maestro Augustino de Santo Severino dell’ordine di Santo Agostino la cappella di San Giacomo ed il necessario immobile per erigervi un convento; a condizione che, in ogni futuro tempo, poteva essere riservato alla nobile famiglia, nella stessa chiesa, uno luogo per poter costruire una cappella con altare e sepoltura sotto, ove li Patri et monaci qui pro tempore erunt siano tenuti dir et fare dir et celebrar una messa la settimana (…).

Il titolo di Santa Maria della Sanità, quindi, fu voluto dalla potente famiglia Strambone. Il monastero fu gestito dagli Eremitani di Sant’Agostino fino al 1594 e successivamente, dopo la scissione del 1593 dell’Ordine tra Eremitani e Agostiniani Scalzi, la guida passò a quest’ultimi che la tennero fino al 1608, come afferma il prof. Domenico Parisi.

Nascerà, quindi, di lì a poco, la Chiesa di S. Maria della Sanità. All’epoca, però, nessuno avrebbe scommesso che quella rovinosa cappella sarebbe diventata un giorno il tempio più prestigioso della città. Nel 1595, infatti, l’Università di Somma, attraverso i suoi tre sindaci, implorò Sua Santità Papa Clemente VIII, affinché fosse eretta in Somma una Collegiata, dove si potevano celebrare finalmente le ore canoniche e gli altri divini offici. Il 21 ottobre del 1599, il Vescovo di Nola, Fabrizio Gallo, accogliendo le disposizioni di Sua Santità, istituì a Insigne Collegiata sotto il titolo di S. Maria Maggiore o della Neve proprio quella chiesa di S. Maria della Sanità (https://www.ilmediano.com/monsignor-fabrizio-gallo-il-vescovo-di-nola-che-istitui-la-chiesa-collegiata-nella-citta-di-somma/).

Per l’istituzione della Collegiata, quindi, non si costruì una nuova chiesa, come si potrebbe pensare, ma si ristrutturò quella preesistente, che per la posizione, l’ampiezza e le sue dotazioni diede ottime garanzie. Furono stabilite in origine tre Dignità perpetue: un Preposito Capo della Canonica, cui fu concesso l’uso del rocchetto e della cappa magna; un cantore e un tesoriere. Alle tre Dignità si affiancarono nove canonici, uno dei quali doveva essere un teologo e lettore, come stabilito dal Concilio Tridentino. Tutti, uniti con le tre Dignità, formavano il cosiddetto Capitolo Collegiale. Si stabilì, inoltre, un Canonico Sagristano, tre Eddomadarj e sei Chierici.

La Collegiata fu nel tempo arricchita di dipinti e statue, e decorata a partire dal periodo barocco – rococò. A tal riguardo i Canonici Gennaro Maiello e Domenico Sanseverino convocarono, nel 1721, lo scultore Giacomo Colombo affinché il soffitto, iniziato molti anni prima con i soldi dell’eredità di un parroco locale Don Tommaso Casillo (1602 – 1679), fosse terminato. La struttura in cassettoni era stata completata; mancava ancora la stupenda doratura, che oggi ammiriamo, e, soprattutto mancavano le tele previste. Il 28 aprile del 1721, lo scultore Colombo assunse Marco Antonio Cangemi per la doratura e, il 5 agosto successivo, il famoso pittore Pietro de Martino, allievo di Luca Giordano, per far dipingere i quadri.

Va fatta un’osservazione sulla facciata del monumento, che lo storico Raffaele D’Avino presumeva essere di epoca romanica, e che, invece, stilisticamente segue le disposizioni progettuali emanate dal Concilio di Trento. A tal uopo, nel 1577, col trattato Instructiones fabricae, il Cardinale Federico Borromeo precisava quali indicazioni bisognava eseguire in riferimento all’architettura delle chiese: unica navata con cappelle laterali, pseudo transetto con altare, profondo coro presbiterale dei padri. Transetto e coro sono destinati alla liturgia, la navata alla predica. La facciata doveva essere semplice, lineare e senza affreschi; solo il portale d’ingresso doveva risaltare con la sua bellezza artistica.

Grazie alle suo pregevole corpus di opere, la Collegiata rimane non solo un grande gioiello artistico, ma è testimonianza della meticolosa operosità di quei grandi artisti che si sono succeduti nella sua storia e che vale ricordare: Angiolillo Arcuccio (1396 – 1492), Pacecco de Rosa (1607 – 1656), Angelo Mozzillo (1736 – 1806), la scuola di Francesco Fracanzano (1612 – 1656) e quella di Solimena (1657 – 1747), Benedetto de Rosa per l’organo settecentesco e Gennaro Fasano.