Venerdì 2 febbraio alle ore 18:30, Don Nicola De Sena, parroco di San Michele Arcangelo, presenterà alla Comunità e benedirà la nuova icona della Madonna del Perpetuo Soccorso, che ritornerà all’interno della monumentale Chiesa di San Domenico.
Il culto per la Beata Vergine del Perpetuo Soccorso fu diffuso nella città di Somma Vesuviana dall’Ordine del SS. Redentore a partire dal 10 febbraio del 1882. La sorpresa resta, certamente, una lettera in forma brevis di Papa Leone XIII (1810 – 1903), ritrovata nell’Archivio storico provinciale Redentorista di Pagani, che accordava l’indulgenza e la remissione plenaria di tutti i peccati per chiunque visitasse detta chiesa e quella sacra Immagine in determinate festività. Venerdì 2 febbraio, dopo la consueta Messa delle ore 18:30, Don Nicola De Sena, parroco di San Michele Arcangelo, presenterà alla Comunità e benedirà la nuova icona della Madonna del Perpetuo Soccorso, che sarà collocata all’interno della monumentale Chiesa di San Domenico.
Vogliamo ricollocare in San Domenico un’icona della Madonna del Perpetuo Soccorso – spiega Don Nicola – non solo per ricordare la sua storia legata ai Redentoristi, ma anche per il particolare dono di grazia che questa immagine porta con sé e il legame con la nostra reale Chiesa di San Domenico. Infatti, il dono annuale dell’indulgenza e della remissione plenaria dei peccati, legato alla Vergine Maria, è un’opportunità di misericordia per la nostra comunità, ma anche per tutta la città di Somma Vesuviana.
L’ORDINE DEL SS. REDENTORE A SOMMA VESUVIANA
Prima di addentrarci nel culto della Madonna del Perpetuo Soccorso, bisogna ricordare innanzitutto agli attenti lettori che dopo la soppressione francese del 29 aprile del 1809, il convento e la chiesa di San Domenico furono concessi – colle debite autorizzazioni dell’Intendenza di Provincia su sovrana determinazione – al Collegio dei Padri del SS. Redentore. Il compianto storico Giorgio Cocozza, in un suo articolo apparso sulla rivista Summana n°41 nel 1997, trattò già ampiamente la presenza dei Padri Liguorini a Somma Vesuviana. Le ultime acquisizioni, però, tratte dall’Archivio storico della Provincia Napoletana Redentorista di Pagani (che in seguito citeremo con l’acronimo APNR), messe sotto la lente d’ ingrandimento, ci hanno permesso di svelare nuove vicende del tutto estranee agli storici locali. Per l’occasione, ringraziamo il prof. Giovanni Pepe, responsabile archivista.
Il 19 marzo del 1816, comunque, il rettore liguorino designato, Padre Desiderio Mennone, e i suoi confratelli presero possesso finalmente del suddetto collegio con relativa chiesa. All’epoca fu una gioia immensa per il popolo sommese, tantoché il sindaco Tommaso Maria Setaro si recò a Caserta con una sua deputazione per ringraziare Sua Maestà Ferdinando IV. Nell’occasione, la monumentale e reale chiesa, che fu dei PP. Predicatori, non solo mutò la denominazione da San Domenico al Patriarca San Giuseppe in virtù del giorno d’insediamento, ma fu fatta anche realizzare una stupenda statua del santo falegname, come attualmente la si vede esposta nella terza cappella a destra, sprovvista purtroppo del trafugato bambinello (vedi foto).
I religiosi si occuparono prevalentemente del bene delle anime: con quotidiane funzioni religiose ed efficaci predicazioni diffondevano il Vangelo tra la massa dei poveri e degli analfabeti, avvicinandoli alla pratica dei sacramenti. Il popolo sommese li ebbe come punto di riferimento costante, provando nei loro confronti forti sentimenti di gratitudine e di alta riconoscenza, come ci racconta lo storico G. Cocozza. L’azione svolta dai Liguorini fu notevole anche in campo sociale: agirono principalmente nell’assistenza dei poveri e nell’educazione dei giovani. Nei momenti più tristi della storia – epidemie, carestie, eruzioni – non venne meno la loro carità. Il Regio decreto del 7 luglio del 1866 sancì, purtroppo, la soppressione anche dell’Ordine dell’SS. Redentore. L’ultimo rettore, padre d. Gaetano Sileo, e i suoi confratelli lasciarono definitivamente la struttura nei primi mesi del 1867. La chiesa e una piccola porzione del collegio, comunque, furono ancora dati in consegna ai liguorini e precisamente al solo padre d. Francesco Saverio Procopio, affinché mantenesse la rettoria e il servizio della chiesa. Morto p. Procopio nel mese di novembre del 1872, la chiesa fu data a funzionare agli ecclesiastici stessi di questo paese fino a tutto il 1 luglio del 1877. In questo frattempo, il paese si divise in due partiti: l’uno voleva che in detta chiesa fosse trasferita la parrocchia di S. Angelo (S. Michele Arcangelo al Carmine); l’altro, in maggior numero, faceva istanza che si fossero nuovamente richiamati i Liguorini. Piacque finalmente al Signore di esaudire i voti dei buoni cittadini sommesi; sempre desiderosi di riavere tra loro i Liguorini. Onde per divina disposizione, l’attuale sindaco d’ allora S. Cavaliere Alfonso Catalano Gonzaga dei duca Cirella, uniformandosi ancora ai comuni voti dei suoi amministrati di riavere in Somma Vesuviana i liguorini, dietro l’annuenza del Provinciale liguorino di allora D. Vincenzo Mautone (1827 – 1912), convocò il consiglio comunale nel di 24 maggio 1877, ad oggetto di chiamare in Somma Vesuviana il padre Alessandro Ammirati liguorino in qualità di rettore della chiesa anzidetta [APNR, Fondo Somma Vesuviana, doc.06S6Ca40]. Nel 1902, dopo l’alternarsi di tanti rettori redentoristi, incomprensibilmente, dopo le celebrazioni delle funzioni pasquali del Lunedì in Albis, l’ultimo rettore, padre Domenico Antonio Tramontano, senza dare alcuna comunicazione alle autorità cittadine lasciò la chiesa e Somma, gettando nello sconforto più assoluto l’intero popolo di Dio.
IL CULTO DELLA MADONNA DEL PERPETUO SOCCORSO
La madre del Perpetuo Soccorso – in latino Mater a Perpetuo Succursu – è uno dei titoli sotto cui viene invocata, in ambito cattolico, Maria, madre di Gesù. La tradizione ci conferma che il culto si sviluppò in Italia mediante la diffusione di una copia di un’ icona greca di scuola cretese. Ci troviamo di fronte ad un’immagine del genere dell’Odigitria, vale a dire colei che indica il cammino; il legno della tavola risale al periodo compreso tra il 1300 e il 1450, mentre l’esecuzione del dipinto è collocabile alla fine del XVIII secolo [cfr. Ist. Storico Redentorista Collegium S. Alfonsi de Urbe, 150° della consegna dell’Icona della Madonna del P.S. ai Redentoristi, Annus LXIV, Fasc. 1-2, Roma 2016]. Conservata, inizialmente, nella chiesa agostiniana di San Matteo in Merulana di Roma, fu poi trasferita, dopo numerose vicissitudini, in quella di Sant’ Alfonso all’ Esquilino, retta dai padri della Congregazione del Santissimo Redentore, ai quali Papa Pio IX (1792 – 1878) assegnò l’incarico di promuoverne il culto. Uno dei documenti, infatti, più importanti fu il decreto con cui lo stesso Papa approvò la devozione a tale immagine. A partire dal 1866, alcune imitazioni furono realizzate a Roma e, insieme con un breve apostolico attaccato al quadro stesso, furono destinate nei luoghi dove si andava concretamente manifestando il culto. Sin dagli inizi della pubblica devozione iniziarono pure a costituirsi numerosi sodalizi, che, come tali, avevano lo scopo non solo di aggregare i devoti, ma anche di diffondere il culto. Già nel maggio del 1871, Papa Pio IX, istituì la prima confraternita sotto il titolo della Beata Maria Vergine del Perpetuo Soccorso e di S. Alfonso Maria de Liguori nella Chiesa di Sant’ Alfonso all’Esquilino a Roma, confermando le prime regole e le pratiche da perseguire. E siccome, pian piano era cresciuta la moda di simili associazioni anche in altre parti d’Italia, nel 1876 quella romana fu elevata al grado di arciconfraternita con la possibilità di poter aggregare chi ne facesse richiesta.
Nella Provincia Napoletana, il primo a chiedere nel 1872 una copia dell’icona fu il superiore p. Pasquale Basso (1824 – 1898) per la chiesa dei redentoristi di Pagani. Alla fine del mese di luglio del 1877, invece, una altra copia grande con cornice fu spedita per essere esposta nella Chiesa di Sant’ Antonio a Tarsia in Napoli. L’8 dicembre del 1879 da Ciorani, frazione di Mercato San Severino (SA), il culto si diffuse nei paesi circostanti. Nel mese di marzo, il Padre Generale dell’Ordine, Mauron Nicolas (1818 – 1893), fece dono di una copia alla casa redentorista di Lettere, per esporla alla venerazione nella Chiesa di Sant’Antonino. Il 25 novembre del 1881, ancora, ne donava una splendida icona a padre Francesco Saverio Amabile (1814 – 1895), perché fosse esposta nella Chiesa dell’Addolorata del collegio redentorista di Avellino. Era evidente, quindi, la volontà del Rev.mo Generale di propagare il culto dell’icona in tutte le chiese della congregazione. Egli stesso faceva spedire copie autentiche ai superiori, con lettere di accompagnamento, nelle quali esprimeva la volontà che la nuova devozione fosse impiantata in tutte le chiese redentorista [cfr, ISRC S. Alfonsi de Urbe. ibidem, 195].
Lo stesso padre Mauron, infine, il 10 febbraio del 1882, donò una copia grande con corona di metallo e cornice alla Casa Redentorista di Somma Vesuviana, incaricando il p. superiore Alessandro Ammirati (1815 – 1896), perché fosse esposta nella monumentale Chiesa di San Giuseppe, già San Domenico [Archivio Storico Generale Redentorista, Elenco Pitture della Madonna P. S., libro II, 806]. In un documento dell’Archivio Provinciale, il rettore Ammirati così scriveva nel 1890: …Da sette, in otto anni dietro, che il reverendissimo (Padre Mauron); pel voto da lui fatto di regalare un quadro magnifico, ad uno dei collegi più poveri, pella sua guarigione; ci mandò questo quadro della Div(ina) Madre, in ogni anno abbiamo, fatto, col permesso del P(adre) Provinciale, una processione divota, pel paese, con questo quadro [APNR, Fondo Somma Vesuviana, doc. 06S6Ba9]. Accanto alla documentazione relativa alla sacra immagine, a sorpresa, troviamo segnalata nell’Archivio provinciale una lettera in forma brevis di Papa Leone XIII (1810 – 1903), che accordava l’indulgenza e la remissione plenaria di tutti i peccati per chiunque visitasse detta chiesa e quella sacra immagine in determinate festività. Certamente, sia il documento pontificio originale, di cui non possediamo la data cronica, che il quadro della Vergine furono esposti alla venerazione in una apposita cappella della centrale chiesa cittadina, di cui non conosciamo l’esatta ubicazione. L’icona è attualmente scomparsa, sicuramente portata via, insieme all’originale breve papale, dagli stessi Padri Liguorini all’indomani del loro allontanamento dal paese. Siamo riusciti, comunque, ad ottenere una copia dell’atto apostolico, trascritta in italiano, grazie all’Archivio storico della Provincia Napoletana Redentorista [APNR, f. Somma Vesuviana, doc.06S6Da1]. Peraltro, in relazione al culto della Vergine del Perpetuo Soccorso, fu eretta nella Chiesa di san Giuseppe anche una confraternita sotto tal nome allo scopo di incrementare e curare il culto. A tal riguardo, il 13 febbraio del 1891, il sodalizio ottenne, dapprima, il decreto di erezione da Mons. Agnello Renzullo (1836 – 1925), Vescovo di Nola [APNR, f. Somma Vesuviana, doc. 06S6Ba10], mentre cinque giorni dopo, il 20 febbraio, acquisì l’aggregazione all’ Arciconfraternita madre di Roma.
di Leone XIII. A tutti i cristiani che leggeranno la presente, salute e Apostolica Benedizione.
Essendo che, come ci viene riferito, che i sacerdoti secolari della Congregazione del SS. Redentore stiano per esporre alla pubblica venerazione nella Chiesa sotto il titolo di San Giuseppe, sposo di Maria Immacolata, nella città di Somma Vesuviana, Diocesi di Nola, l’ Immagine di Maria SS. del Perpetuo Soccorso, simile a quella che si venera in Roma all’ Esquilino nella chiesa di Sant’ Alfonso. Noi con santa carità e premurosi del bene della religione e della salute delle anime con i celesti tesori della Chiesa, a tutti e ciascuno dei fedeli cristiani dell’uno e dell’altro sesso, se veramente pentiti, confessati e comunicati, visiteranno detta Chiesa ed immagine in quel giorno che si espone alla pubblica venerazione, nel giorno dell’anniversario di questa solenne esposizione, e annualmente nella domenica antecedente alla festività di S. Giovanni Battista, nella quale è concessa celebrarne la di sua festività o, impedita questa domenica, nella domenica seguente o in uno dei sette giorni successivi alla festa, ad arbitrio di ciascuno, ed ivi pregheranno per la concordia dei principi cristiani, per l’estirpazione dell’eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione della Santa Chiesa. Concediamo l’indulgenza e la remissione plenaria di tutti i loro peccati. Inoltre, gli stessi fedeli, almeno contriti, che in ciascun giorno dell’anno visiteranno detta chiesa ed immagine e pregheranno come sopra, perdoniamo trecento giorni di penitenza ad essi dovute secondo l’uso della chiesa. Le quali tutte e ciaschedune indulgenze, remissione dei peccati e di penitenze possono applicarsi a suffragio alle anime sante del Purgatorio.