Martedì Michele Ranieri ha discusso con il prof. Imperato di alcuni temi trattati nel suo libro, che è una organica raccolta di “appunti e note sul ritardo, lo scarto, il postumo”. Il pubblico ha seguito con grande attenzione i discorsi dei due oratori, anche perché ha intuito con immediatezza l’attualità intensa di questi temi, in un momento in cui tutti scopriamo il valore del tempo, la drammatica bellezza dei ricordi, l’incertezza dell’oggi, la paura del domani, la necessità di dare un valore al vivere. L’incontro si è svolto in una sala del Palazzo Medici, che è un simbolo concreto di una dolorosa verità: la storia è, in definitiva, un inestricabile groviglio di vicende.
Il libro di Michele Ranieri è prezioso perché l’autore è un docente di storia e di filosofia, come Luigi Imperato, che ha esaminato alcuni aspetti del libro. E dunque le riflessioni, le analisi, la prosa e il discorrere di questi due docenti in attività ci inducono a sperare che la Scuola italiana non sia tutta quel corpo storpio che la pandemia ha “costruito”, o forse ha contribuito a svelare, che non sia solo quel cumulo di carte che grava sulla testa e dentro il cervello di molti docenti, nel segno di un solo imperativo: finire il programma, a ogni costo. La tirannia del tempo “esterno”. La pandemia ci lascia o ci svela una Scuola in cui migliaia di alunni che si accingono a sostenere l’esame di Stato chiedono l’abolizione delle prove scritte, perché trovano “ingiusto e infruttuoso andare a sostenere un esame scritto in quanto pleonastico”. Hanno scritto proprio così i firmatari della petizione: chi sa cosa come hanno giudicato l’articolo di Paolo Di Paolo pubblicato su “la Repubblica” dell’8 novembre: “parlare non è scrivere, – ha ricordato l’autore -, parlare non basta, e sapere esprimere un pensiero con una penna e un foglio non è una capacità accessoria, come capisce Renzo alla fine dei “Promessi Sposi”.”. (Però, questi giornalisti non li capisco: con questi chiari di luna vanno a pescare Renzo e i “Promessi Sposi”….). Il libro di Michele Ranieri è prezioso perché ci spinge a percorrere la strada di fascinose riflessioni sul nostro rapporto con il tempo esterno e con quello interiore, in un momento in cui la pandemia e la guerra contro di essa hanno sottratto a ognuno di noi il controllo pieno dei momenti della giornata e ci hanno reso tutti prigionieri di una stanchezza, che non è la pigrizia “gloriosa” celebrata da Barthes, ma è “la stanchezza del vivere, sperimentata nella sua forma elementare, quella, scrive Handke, che ci prende quando ci troviamo nel vicolo cieco delle relazioni sociali che non ci consentono di sollevare lo sguardo oltre gli angusti confini del presente.” (Marco Belpoliti). Ascoltando alcuni passaggi del discorso di apertura del prof. Imperato, mi sono ricordato di un “aforisma” di Fred Vargas: una pressione esercitata a lungo su un essere umano, e costantemente rinnovata, provoca “immediatamente e inevitabilmente” la fuga di quell’essere, la fuga da tutto, anche da sé stesso. Il libro di Michele Ranieri è prezioso perché ci apre gli spazi delle letterature, della storia, dell’arte, sottolinea i nessi, le relazioni, le corrispondenze e spiega a tutti, in modo chiaro e concreto, che le “forme e le norme” del nostro sapere e dei metodi di indagine con cui ancora oggi “misuriamo” il mondo sono un’eredità della cultura classica, dei Greci e dei Latini, con buona pace di chi oggi propone di cancellare l’insegnamento del greco e del latino dai programmi scolastici, e di chi questo insegnamento lo sta cancellando “di fatto”. Anche Michele Ranieri è affascinato da Ulisse – su cui oggi si concentra l’attenzione di molti studiosi – e condivide il “ritratto” di Penelope disegnato da Hèlène Monsacré e la splendida intuizione che il “disfacimento” della tela in cui Penelope si impegna ogni notte sia “un costruttivo, operoso annientamento di un tempo ostile dove altri giovani, con giovanilistica iattanza, pretendono di impossessarsi del corpo non più giovane, mai stato giovane, della sposa che attende.E nell’attesa medita parole e pensieri – le parole e i pensieri di una donna – nei quali il mondo eroico prende per sempre congedo dalla scena antica”: così scrive il Ranieri. Il “capovolgimento” è una delle “forme” ( direbbe Ernst Gombrich) del pensare e dello scrivere di Michele Ranieri: e forse questo spiega l’ attenzione che egli dedica all’arte di Lucio Fontana, alla poetica dei “tagli”. Il sindaco avv. Luca Capasso, il prof. Biagio Simonetti, assessore “agli eventi” e l’avv.ssa Rosa D’ Ambrosio, delegata “alla cultura”, hanno confermato, con la loro presenza e con i loro interventi, che Michele Ranieri è un’ “eccellenza” della nostra Ottaviano. E non solo di Ottaviano. In una parte della sala in cui si è svolta la manifestazione c’era lo studio di quel Luigi de’Medici che, schierandosi con i “giacobini”, cercò di imprimere una accelerazione alla storia di Napoli, e, poi, diventando ministro dei Borbone, cercò di fermare il tempo, e, per certi aspetti, di riportarlo all’indietro.
Certe volte, led corrispondenze….