La vicenda del P.S. dell’ospedale di Nola ha quasi esaurito la sua fase più eclatante, quella che ha prodotto indignazione e sgomento nella pubblica opinione. Tra poco tutto sarà attenuato e tornerà come prima, o quasi.
La vicenda del P.S. dell’ospedale di Nola ha quasi esaurito la sua fase più eclatante, quella che ha prodotto indignazione e sgomento nella pubblica opinione. Tra poco tutto sarà attenuato e tornerà come prima, o quasi.
Indignazione e sgomento hanno suscitato le immagini dei pazienti del Pronto Soccorso costretti ad essere visitati e curati sul pavimento, a causa dell’assenza di presidi idonei alla bisogna (posti letto, lettini, barelle e similari). Le immagini, che hanno fatto il giro del mondo, hanno dato una vaga idea della “malasanità” nostrana. Non per niente siamo all’ultimo posto della graduatoria nazionale.
Indignazione e sgomento hanno suscitato le dichiarazioni, a caldo, del governatore De Luca, il quale, come sua “reputazione” vuole (è soprannominato lo sceriffo ndr), ha cercato di risolvere la questione trovando e condannando, con la sospensione e il licenziamento, quelli che secondo lui sembra siano i “responsabili” del “pugno nello stomaco” alla Sanità Campana.
Successivamente , poi, lo stesso De Luca, in un momento che potremmo definire di riflessione, dopo le dichiarazioni della Ministra Lorenzin, peraltro condivise dal “nostro governatore”, ha cercato di correggere il tiro difendendo i “soldati in trincea” (medici, infermieri e ausiliari), e incolpando, chiedendo la loro testa, i vari “generali di corpo d’armata” (Direttori e Responsabili).
Ovviamente il suo tentativo, impulsivo e arrogante, ha magnificato nell’opinione pubblica la figura dell’ “eroe” (il personale sanitario) che quotidianamente combatte nelle trincee dei P.S. napoletani. E questa è la sola cosa buona che ha fatto.
A voler guardare la vicenda sotto un altro aspetto, quello di chi da vent’anni “gode” della professione di chirurgo addetto al pronto soccorso, e quindi di chi conosce la battaglia dal campo, e non dalle retrovie, o per sentito dire, come alcuni generali “figli” di De Luca, la scena dei pazienti visitati sul pavimento è solo un “aspetto”, forse il più plateale, il più indegno, delle “variopinte scene teatrali”, se ci è consentita la licenza poetica, della sanità pubblica napoletana e campana.
Un teatro tragicomico che poco suscita l’indignazione che meriterebbe da parte di tutti, a cominciare dagli operatori fino agli utenti, passando per gli organizzatori degli “spettacoli”. Nessuno si indigna, o meglio dire, nessuno si indigna più. Ormai c’è una sorta di assuefazione a quello che ci viene concesso, sia come lavoratori, sia come cittadini-utenti.
E tutti zitti fino a quando non ci si trova, per scelta o per disgrazia, ad essere coinvolti in prima o seconda persona. Solo entrando nel teatro e partecipando allo spettacolo ci si rende conto del suo stato, di come “ci siamo ridotti”. E allora si cerca il conoscente, l’amico, o il politico a cui si è “affidato” il proprio voto, per cercare di superare gli “ostacoli” e trovare scorciatoie e raccomandazioni.
Veramente non proprio tutti zitti! Ce ne sono alcuni che ci sguazzano, nel teatro malconcio della sanità, altri che ne approfittano per campare e per lucrare, e altri ancora per farsi promuovere di grado (partiti e sindacati), a capitano, colonnello o generale, ed estraniarsi dalla battaglia vera.
Eppure, ciò nonostante in questo “teatro”, che sta cadendo a pezzi da qualche decennio, dopo i lustri del passato e le faticose conquiste dei lavoratori e degli utenti, c’è gente che continua a salvare vite umane, c’è gente che continua a vedere morire vite umane, senza poter far niente per impedirlo, c’è gente che lavora con passione e dedizione e c’è gente che usa il lavoro degli altri per ignobili fini personali.
E in tutto questo teatro ci sono i padri e i figli che si rincorrono gli uni con gli altri, incolpandosi a vicenda delle carenze croniche e delle disfunzioni, anche molto più significative che gli “scandalosi pazienti” visitati sul pavimento.
Cosa resterà di questa vicenda?
Resterà De Luca figlio. Un figlio diligente che ha imparato la lezione dei padri, della cultura politica clientelare e alterata che ha imperato negli ultimi decenni, ed ha ottenuto risultati eccellenti in termini di consensi e di potere. De Luca è il figlio di Caldoro, di Bassolino, di Montemarano, della DC, del PSI, del PCI, dei DS, del PD, del PDL, e chi più ne ha, più ne metta. De Luca è la loro naturale e diretta discendenza. Possiede il loro DNA, il DNA Clientelare!
Resterà De Luca padre, che avendo ottenuto il potere, lo elargisce a destra e a manca, in maniera autoritaria e arrogante, occupando scientificamente tutti gli spazi più importanti e significativi della vita pubblica con i suoi “figli”, quelli che gli hanno dato il consenso e il potere. Che importanza ha sapere se questi sono degni o indegni? Che importanza ha sapere se sono all’altezza? Non conta. Conta solo che diventando “figli di De Luca” hanno perso la loro libertà.
Resterà la martoriata sanità napoletana e campana con i padri (De Luca) che si scagliano contro i loro stessi figli incolpandoli dello scempio del P.S. dell’ospedale di Nola, e i “figli di De Luca” incaricati o promossi dallo stesso De Luca, o dai suoi predecessori, che oggi si scandalizzano per gli atteggiamenti e gli ordini del loro padre.
Resterà la sottocultura politica sanitaria che ha imperato negli ultimi decenni ed ha prodotto corruzione, ritardi culturali e carenze strutturali, strumentali e, soprattutto umane. Tra queste, una su tutte è quella che ha distrutto due o più generazioni di medici chirurghi. Oggi i più giovani assunti nel nostro SSN, napoletano, sono quasi cinquantenni. E nessuno si chiede dove siano i trentenni e quarantenni, che a breve dovrebbero sostituire i loro colleghi più vecchi.
Molti di questi sono sottoutilizzati e al servizio dei “figli di De Luca” anche nella sanità parallela tanto cara al “nostro governatore”.
E allora chissà cosa penserà il più famoso dei nolani, martire del libero pensiero condannato al rogo dall’inquisizione, non già dei suoi concittadini visitati e curati sul pavimento, ma di quelli, non solo nolani, che hanno smesso di vivere da uomini liberi e sono “costretti” a vivere da “figli di De Luca”.
Fonte foto: rete internet