Ed è stato Michele Ranieri fino all’ultimo istante….

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Ed è stato Michele Ranieri fino all’ultimo istante….

Come si è confrontato con la propria morte Michele Ranieri, intellettuale, filosofo, docente di filosofia e storia al Liceo “A.Diaz” di Ottaviano, deceduto qualche giorno fa, spento da un morbo di devastante gravità.

Scrive Seneca a Lucilio: “Mi rincresce che sia morto il tuo amico Flacco, ma non vorrei che tu te ne dolessi più del giusto. Quasi non oserò pretendere che tu non te ne dolga affatto: eppure sono convinto che ciò sarebbe meglio.”. Seneca non aveva dubbi: chi piange senza freno per la morte dell’amico, lo fa soprattutto per mettersi in mostra, sotto l’impulso della vanità. A lui , Seneca, il pensiero degli amici estinti riesce dolce e gradito, ma non sempre: “E ti scrivo queste cose proprio io che ho pianto così sconsolatamente Anneo Sereno, mio carissimo amico, e con grande rincrescimento sono nel numero di quelli che si sono lasciati vincere dal dolore”. Seneca non aveva dubbi nemmeno sulla propria morte: la filosofia di cui si dichiarava seguace lo induceva a credere che la morte fosse l’inizio di una quiete profonda come quella che ha preceduto la nostra nascita, e che fosse giustificato anche il suicidio: ma non sappiamo cosa pensasse veramente negli ultimi momenti della sua vita. E Michele Ranieri se lo chiese spesso cosa pensasse realmente della morte il filosofo che egli ammirava e le cui opere aveva intensamente studiato. Avremo modo di parlare dei valori di Michele Ranieri: la sostanza umana, la cultura filosofica, la chiarezza e la novità degli argomenti di cui si serviva per sottoporre a indagine anche verità consolidate, la coraggiosa difesa delle sue idee, la luce dell’ironia che era, nello stesso tempo, dimensione dello spirito e strumento filosofico. Gli ultimi frutti della sua ironia Michele Ranieri me li donò una sera dello scorso giugno, quando mi invitò a leggere, uno dietro l’altro, tutti i post di quei signori che erano impegnati, sui social, nello “sport” dell’estate: spiegare ai docenti come si fa il docente: e a leggerli tutti c’era da ridere. Amaramente. Michele odiava il verbo “formare”, perché poteva aprire la strada a un equivoco, inducendo a vedere nel docente un vasaio o uno di quegli scultori che scolpiscono, in decine di copie, sempre la stessa statua, da mettere in giardino. Ma di tutto questo parleremo in altro tempo. Sul tema della morte Michele Ranieri aveva raggiunto una incrollabile certezza:” Mi urta i nervi leggere ogni volta su fb, in morte di qualcuno, “la terra ti sia lieve” . Una splendida espressione che potevano permettersi gli antichi, che avevano conoscenza della morte e della terra, ma che nel patetico compianto sul disincarnato e aereo mondo del web diventa soltanto liberatoria, e argomenta in favore della grande idea espressa da Canetti in “Massa e Potere”, secondo la quale è sempre un sentimento di vittoriosa supremazia, per quanto dissimulata, a rendere conto della morte dell’altro. E comunque non è nelle intenzioni della terra di essere lieve. Anzi. Piuttosto di perpetuare l’oppressione. Dunque per cortesia smettetela con queste futili attenzioni. Che, sono convinto, chi muore reputerebbe spiacevoli e particolarmente fastidenti.”. Michele Ranieri non aveva dubbi: la morte non è mai un sonno, “è un inaudito travaglio. Mi incazzerei moltissimo se, da morto, qualcuno mi dicesse che sui “social” mi hanno scritto: riposa in pace”. E dunque egli non ha voluto manifesti, nemmeno quello che annunciava la sua morte, non ha voluto cortei, riti funebri, ha preteso che il suo corpo venisse portato direttamente alla cremazione e che fosse sottratto alla “scena”, diventata insopportabile, della folla, dei fiori, dei discorsi tenuti quasi sempre da signori che poco conoscevano il defunto. Non aggiungo altro: ma di lui dovremo parlare ancora e a lungo, e cercheremo anche di capire perché per la copertina del libro che aveva appena finito di pubblicare aveva scelto l’immagine di un quadro di Odilon Redon.