In tempi così duri per la società, solitamente anche alla Chiesa è richiesto uno sforzo ulteriore di vicinanza alle persone, con iniziative tese a rinforzare il senso della comunità: per chi crede, anche e soprattutto attraverso la preghiera.
Per questo motivo i religiosi mariglianesi hanno organizzato un momento di raccoglimento che, pur vissuto da lontano, vuole essere collettivo: venerdì 20 marzo, a partire dalle ore 10:45, all’interno della Collegiata Chiesa “Santa Maria delle Grazie” avrà luogo l’adorazione eucaristica che coinvolgerà, oltre ai presbiteri della città, anche il sindaco Antonio Carpino. Alle 11, poi, avrà inizio la preghiera rivolta ai santi patroni di Marigliano: san Sebastiano, san Vito e san Rocco, da sempre considerati potenti intercessori contri le pandemie. Per chi non lo sapesse, infatti, san Sebastiano e san Rocco vengono invocati e raffigurati a protezione contro la peste sia in pale d’altare che in affreschi collocati nei cimiteri, ma anche nella dedicazione di numerose chiese. Questo perché l’agiografia sostiene che san Sebastiano sopravvisse alle frecce (perse le vita successivamente, per fustigazione) e san Rocco sopravvisse alla peste, il che li rese di conseguenza i simboli dei salvati da una morte che generava piaghe o ferite, analoga appunto alla peste.
Tempi nuovi, emergenze antiche, vecchi rimedi? Intanto i rappresentanti delle parrocchie presenti e attive sul territorio comunale, insieme alla massima carica della politica mariglianese, il primo cittadino, si riuniscono in preghiera per invocare l’intercessione dei santi patroni in questi giorni di profonde difficoltà, spirituali, emotive, sociali, sanitarie ed economiche.
“Unisciti spiritualmente alla nostra preghiera”, afferma il messaggio evidenziato sulla locandina. Sì, perché la prima raccomandazione è quella di restare a casa: non c’è bisogno di recarsi fisicamente in chiesa per partecipare al momento di raccoglimento, questo per tutelare la salute di tutti ed evitare complicazioni da contagio. Lo rimarca anche don Lino D’Onofrio, parroco della Collegiata, che ha scelto di non organizzare live streaming e dirette Facebook delle funzioni: “In questa fase così delicata evitiamo ridondanze e cerchiamo di richiamare l’attenzione all’essenziale, che come sappiamo è invisibile agli occhi”.
Dopo 76 anni, dunque, si torna a san Sebastiano per invocare protezione e salvezza. Era il 18 marzo del 1944 quando il Vesuvio eruttò per l’ultima volta. Oltre diecimila persone furono costrette all’evacuazione e solo la direzione dei venti preservò la città di Napoli dalla nuvola di cenere e lapilli. Una voce di popolo che si rincorre da tempo immemore racconta che oltre un secolo fa la statua di san Sebastiano (realizzata da Domenico Di Pinto) contribuì con le sue braccia alzate a fermare la cenere del Vesuvio durante l’eruzione del 1913: quell’anno però non si registrò alcuna attività sul vulcano partenopeo, il cui cratere fu invece letteralmente riempito dall’attività stromboliana di luglio.
Oggi il vulcano è monitorato h24 dall’Osservatorio Vesuviano, ma a quanto pare le persone non disdegnano un’occhiata guardinga in più dal cielo: eppure quaggiù sono proprio le persone che oggi possono fare tantissimo contro l’espansione del contagio da COVID-19. Si resta a casa e si prega e ci si sostiene a distanza, per sentirsi parte di qualcosa che ci appartiene sempre e comunque: la nostra comunità.