L’indagine di Bettolla e di Lobbia sui cimiteri abbandonati italiani percorre e si sviluppa attraverso quattro Regioni: Piemonte, Lombardia, Liguria e adesso Emilia Romagna. Una lugubre e appassionata passeggiata sulla terra umida degli antichi camposanti, fra contorte lapidi in rovina, alla scoperta di chiese sconsacrate e paesi fantasmi.
La ricerca, pubblicata nel mese di giugno del 2020, è stata impegnativa, frustante e a tratti anche triste, come spiegano i due autori. Un’indagine accurata compiuta in tanti anni di cammino, chilometri macinati e anziani interrogati sulla storia quasi dimenticata. Non è stato semplice raccontare di cimiteri abbandonati, in quanto nella mente di chi pensa, spesso l’accostamento ad un cimitero poteva sembrare un sintomo di stranezza oppure una propensione per l’occulto. Certo che ben il 55,2 % dei cimiteri turistici a livello europeo si trovano in Italia, in particolare in Toscana, Emilia Romagna, Sicilia e Piemonte. Io aggiungerei anche il cimitero di Santa Maria del Pianto (detto cimitero del Pianto) presente a Napoli.
Il libro nasce dalla necessità di raccogliere e conservare tutto quello che un tempo fu e che oggi rischia, purtroppo, di scomparire. L’esplorazione degli autori parte dalla provincia di Piacenza per svilupparsi sino a quella di Bologna, raccontando luoghi di ogni genere: chiese, castelli, paesi fantasmi, colonie e molto altro. Sono luoghi fragili per le loro affannate pietre secolari ricche di storia.
L’idea di raccogliere e documentare i cimiteri abbandonati e dimenticati presenti in Italia, nasce dalla piena consapevolezza che tutti noi siamo il prodotto del nostro passato e perdendo il nostro passato perdiamo anche la cognizione di chi siamo e da dove veniamo.
Un libro, quindi, edito dalla casa editrice Erga, ricco di memoria e di pagine appassionanti. Ambienti dal fascino irresistibile che oggi esistono, ma che a distanza di pochi anni, potrebbero per sempre scomparire. Settanta luoghi sacri schedati che danno origine ad un viaggio, ben lontano da quello del turismo di massa, ma con l’esperienza che aspira alla catarsi.