Riceviamo dall’assessore al bilancio del Comune di Ottaviano, Biagio Simonetti, e pubblichiamo.
Bisogna immediatamente fare chiarezza. I politici non percepiscono stipendio: sono titolari di una funzione, non svolgono un lavoro. Lo stipendio è il trattamento economico
che spetta al lavoratore, al politico spetta l’indennità di funzione.
Non è un sottile gioco di parole. Al politico che svolge la funzione, si riconosce una indennità che è un ristoro per il tempo che dedica alla gestione della Res Pubblica in forza di un mandato ricevuto, dall’elettore o per nomina in organi esecutivi. Non formalmente un lavoro, ma nella sostanza, un impegno di alta professionalità.
E il modo in cui si è adoperati per massimizzare i risultati nell’ambito della funzione svolta, sono posti al severo giudizio dell’elettore che conferma o boccia in modo sonoro la eventuale presenza in una futura competizione elettorale del singolo o del gruppo. I Padri Costituenti sono stati chiari: “I membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge”, bisogna permettere l’accesso alle Camere non soltanto alla classe nobiliare. Negli atti dei lavori preparatori si può leggere l’intervento del Presidente della Commissione per la Costituzione on. Ruini il quale dichiarò che “l’indennità non è uno stipendio, tanto è vero che non è soggetta a ricchezza mobile, è un’indennità a rimborso di spese; ne deriva logicamente che dovrebbe essere conferita indipendentemente dalla situazione finanziaria di coloro cui è attribuita”.
Riflettendo con mente lucida, probabilmente 12.000 euro mensili per coloro i quali sono investiti del più alto compito nell’ambito della Repubblica italiana non sono tanti, e il paragone con lo stipendio di un operaio veniva riservato un tempo alle discussioni fuori il bar in piazza e oggi su pagine social interculturali.
Vero è che la vigente legge elettorale oggi, con l’assenza della reale espressione di preferenza fa si che gli eletti debbano dimostrare maggiore attaccamento ai segretari dei partiti (che decideranno la loro collocazione nella scaletta dei candidati), che al corpo elettorale che esprime una croce di rassegnazione.
Toniamo ai giorni nostri.
Indignazione, ilarità, rabbia, suscita la notizia che cinque Deputati della Repubblica italiana abbiano presentato e ottenuto un bonus per i titolari di partita iva che hanno avuto una riduzione del fatturato durante il picco della diffusione del virus Covid-19.
Dividiamo due momenti che dovrebbero essere indistinguibili, norma e etica.
Il rispetto delle norme
Tra i beneficiari dei decreti “Cura Italia” e “Rilancio”, i titolari di professionisti con partita iva che hanno subito riduzioni di fatturato dovute alla emergenza Covid-19.
Informazioni dell’ultim’ora, da parte dei vertici INPS che rilasciano informazioni a singhiozzo, sembrerebbe che solo 3 dei 5 richiedenti abbiano ottenuto l’indennità di 600 euro. Da un punto di vista normativo, sembrerebbe che non vi sia alcun vizio o illegittimità nella richiesta.
Ma se non vi è nulla di illegale, perché l’INPS ha diffuso queste informazioni?
Non merita ulteriore approfondimento il vento dell’antipolitica che attacca i consiglieri comunali (che non percepiscono indennità ma, solo gettone di presenza di poche decine di euro) che hanno presentato richiesta del bonus.
Ho sempre pensato che con la politica non si debba ottenere un ricavo economico, ma in modo speculare, che si debbano investire in politica i soldi guadagnati con il proprio lavoro.
Cristallizzerei la discussione quindi sui membri del Parlamento.
Problema dell’etica
Se non vi sono presupposti di illegalità nella richiesta del bonus, la situazione è più complessa per quanto riguarda l’opportunità.
Si, ritengo che il problema dell’etica che avrebbe dovuto spingere i membri del Parlamento a non richiedere il bonus per i titolari di partita iva, non dipenda dal fatto che nonostante l’elevata importo che percepiscono per il mandato conferito, abbiano richiesto l’indennità Covid-19, ma nel fatto che la norma che definisce i beneficiari sia stata partorita dagli stessi che poi presentano domanda.
Perché è necessario che vi siano regole ben definite e chiare negli obiettivi, ma al contempo, la piena consapevolezza che da sole, le norme non sono sufficienti senza una chiara visione del
concetto di opportunità.
Quid leges sine moribus vanae proficiunt.