A fine marzo, per le Edizioni Melagrana, dopo “Tante facce nella memoria” e “Martini Cocktail”, esce il mio nuovo libro interamente dedicato a Giancarlo Bigazzi. Raccontare il suo percorso artistico e umano per me ha significato raccontare quasi cinquant’anni della storia della musica italiana, grazie a tantissimi artisti che ho interpellato, a sua moglie Gianna e a suo figlio Giovanni.
Bigazzi ha sempre sostenuto che “le canzoni sono come farfalle che a volte prendono il volo… e allora non sai fin dove possono viaggiare e andare a posarsi”. Con il mio libro, fatto di note biografiche, ricordi, testimonianze, interviste, retrospettive, aneddoti, foto e manoscritti, ho voluto rievocarle, rendendo il giusto e doveroso tributo al suo geniale compositore che da abile artigiano della Toscana, terra di grandi artisti, le ha sapute sapientemente forgiare per dare modo alle crisalidi di trasformarsi in meravigliose creature e di giungere fino a noi, entrando di diritto nella memoria collettiva.
L’ho fatto anche ponendo l’accento sul lavoro, la fatica e l’abnegazione che c’è dietro le quinte del mondo della canzone nella costruzione di un brano di successo che, portato sulla scena dall’artista di turno, diviene poi di dominio pubblico.
Qualcuno ha detto che la pittura o la scultura sono forme di arte che puoi solo ammirare: volendo e potendo le puoi anche comprare, le appendi o le sistemi in casa, ma non puoi farle tue. La canzone, invece, diventa di chi l’ascolta e la canta! Diventa (a volte sullo sfondo altre volte da protagonista) parte viva delle vite dei suoi fruitori.
Chi di noi non ha legato o non lega, spesso inconsapevolmente, gli attimi più emozionanti e significativi o la “semplice” quotidianità della sua vita a brani che finiscono per divenire la nostra colonna sonora?
Chi di noi non ricorda i primissimi brani ascoltati da piccoli che ci hanno dato delle emozioni forti e spiazzanti, attraverso la radio, la televisione, o attraverso la voce di chi le strimpellava accompagnandosi con un piano o con una chitarra?
Personalmente ne ricordo almeno una decina che, più di altre, hanno costituito la colonna sonora dei primi anni della mia esistenza: Volare, ascoltata la sera stessa dell’arrivo della nostra prima Tv a colori, O sole mio, eseguita – a gentile richiesta – al pianoforte da zio Pasquale ogni volta che lo andavamo a trovare, Azzurro, partita all’improvviso dal jukebox del bar di Don Vincenzo in piazza, Mattinata fiorentina che mamma amava cantare a cappella, con la sua voce squillante e melodiosa, mentre sistemava casa, Futura, proveniente dal balcone del mio vicino di casa, Balla balla ballerino che mio cugino Gianfranco mi faceva mettere in diretta dalla consolle di una delle prime radio private locali, piena zeppa di vinili, in cui lavorava, Gloria, Tu e Su di noi, mentre al luna park si “combatteva” sui Dischi volanti al fianco di mia cugina Michela e… Dolce uragano, di Bella–Bigazzi, ascoltata al mare mentre papà con tanta pazienza e tanto amore mi portava a vedere il passaggio del treno perché non volevo mangiare. Poi col tempo, per riderci sopra come farebbe il Bigazzi, ho recuperato tutto l’appetito, al punto da non fermarmi ancora! Sarà stato quel Dolce uragano che ancora oggi mi porta a scorgere tra le canzoni, le note e le vite dei loro compositori e interpreti, tanta poesia.
E a voi quali brani hanno fatto e continuano a fare compagnia al lungometraggio della vostra vita?