Covid-19, bar e ristoranti riaprono all’interno. Le testimonianze dei lavoratori

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Quelli appena trascorsi sono stati tempi difficili per bar e ristoranti, i quali a causa della pandemia hanno dovuto stringere i denti con forza per provare ad andare avanti. Finalmente da ieri 1 giugno le serrande sono state metaforicamente rialzate permettendo alla clientela di usufruire al 100% dei servizi offerti seppur con le dovute precauzioni.

 

 

È con non poche difficoltà. Numerose sono state le regole da seguire facendo attenzione ad attenersi sempre e con riguardo a ciò che il decreto ha imposto: definire gli spazi, il numero massimo di clienti da accogliere, fare attenzione a possibili assembramenti anche all’esterno dei locali, igienizzare continuamente gli ambienti. Non è stato facile e continuerà a non esserlo ma finalmente la speranza di questi lavoratori si è tramutata in realtà.

È stato difficile vedere il locale vuoto per così tanto tempo. Il bar è un posto in cui le persone si incontrano per passare del tempo insieme o anche solo per avere un attimo di libertà per se stessi. È stato davvero brutto non poter chiacchierare con i nostri clienti affezionati, quelli che diventano amici, quasi una famiglia. Finalmente però li abbiamo ritrovati e ritrovando loro abbiamo ritrovato anche la parte sognatrice di noi che è quella che ci ha dato la spinta di iniziare un’attività anni fa e che abbiamo rischiato di perdere.”

Il mio pensiero”- ci spiega il proprietario di un piccolo bar– “va a tutti quelli che non hanno potuto riaprire. Noi, piccoli bar di un paesino di provincia, viviamo della quotidianità della nostra clientela e quando le persone non possono entrare a sedersi al tavolo a leggere il giornale che ogni giorno io compro per farli sentire a casa mentre bevono il solito caffè, quella quotidianità si perde. Se poi non hai la possibilità di farli sedere all’esterno del locale e il decreto ti impone il solo asporto, allora diventa veramente difficile. Io sono stato fortunato perché il mio è un bar di passaggio ma molte lavoratori sono stati costretti ad abbassare la serranda per sempre. Non è colpa di nessuno ma non è giusto.”

Alla domanda “qual è stata la cosa più brutta di questo periodo” un ristoratore ha risposto così: “Ce ne sono state tantissime. Dai clienti che non potevano più entrare nel nostro ristorante per assaggiare le nostre prelibatezze preparate con amore e dedizione alla delusione di essere penalizzati, come settore. Ma la cosa più brutta in assoluto per me è stata dover fare a meno dei miei collaboratori. Qui eravamo una famiglia, eravamo abituati a mangiare tutti insieme alla fine della giornata lavorativa e all’improvviso ci siamo ritrovati lontani. Quando una famiglia viene divisa la cosa più brutta è la la mancanza e noi di mancanze ne abbiamo avute tante: economiche, sociali, individuali. Non è stato facile sopravvivere ai disastri che questa pandemia ha creato ma fortunatamente siamo ancora qua.”

Mesi davvero difficili in cui questi lavoratori si sono persino chiesti se ne valesse davvero la pena -” abbiamo pensato di non farcela, lo ammetto, ci siamo chiesti se fosse il caso di continuare o sarebbe stato meglio chiudere e rinunciare ai nostri sogni. La risposta definitiva arriva oggi: siamo ancora qua.”

(fonte foto: rete internet)