Coronavirus, gli imprenditori associati mariglianesi valutano le misure adottate per il commercio

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Prosegue il ping pong tra l’associazione dei commercianti e l’amministrazione comunale, alla ricerca di una intesa che possa fornire risposte adeguate in questa delicata fase di emergenza sanitaria e sociale.

Il 24 marzo scorso Domenico Tomo, presidente di MIA – Marigliano Imprenditori Associati, inviava una richiesta ufficiale per l’adozione di urgenti misure a sostegno del commercio. Auspicando una coraggiosa correzione dei provvedimenti adottati pochi giorni prima in aiuto del settore locale, l’associazione chiedeva l’annullamento di imposte, tasse e tributi per le attività commerciali e produttive, l’annullamento dell’IMU e della TARI per i proprietari dei locali che sono sede produttiva delle attività e l’istituzione di un fondo per il sostegno delle attività economiche da attivare alla fine dell’emergenza. Nel frattempo maggioranza e opposizione hanno intavolato una discussione costruttiva al fine di trovare nuove convergenze e pianificare l’adozione di misure che appaiono condivise da tutte le forze politiche della città: la riduzione dell’80% della TARI con relativa esenzione totale degli altri tributi comunali agli esercizi commerciali e produttivi per il periodo di chiusura previsto dai DPCM e dalle Ordinanze regionali e comunali; inoltre l’applicazione degli sgravi dei tributi promossi e deliberati dal Consiglio Comunale ai commercianti che nel 2019 sono stai penalizzati anche dai cantieri stradali.

Abbiamo interpellato Giovanni Leonessa, vice presidente dell’associazione dei commercianti MIA Marigliano per fare il punto della situazione. Come giudica le misure economiche a sostegno del commercio proposte da maggioranza e opposizione?

Non sono ancora sufficienti ed è importante capire perché. In molti, se non tutti, non hanno la reale conoscenza di qual è il percorso economico di un attività commerciale, di una Partita Iva. Il flusso di cassa che viene interrotto bruscamente come è avvenuto oggi per questa emergenza, provoca un vero e proprio arresto cardiaco dell’attività. Non possono bastare le riduzioni dei tributi. Anche le fatture delle utenze telefoniche, dell’energia elettrica, dell’acqua sono una costante nel capitolo di spesa di una attività che non si annullano o sospendono e che dovranno essere affrontate prima di tutte le altre per poter riaprire. La TARI e gli altri tributi locali, sospesi, ridotti o annullati in parte solo per il periodo di chiusura, si aggiungeranno pericolosamente proprio in coincidenza con gli altri obblighi fiscali posticipati a maggio e giugno. Ci sarà un vero e proprio shock tributario insopportabile con la conseguenza che si dovrà decidere cosa poter pagare e cosa no rimettendo così il conto economico dell’imprenditore nuovamente in sofferenza. Vanno rivisti velocemente quindi anche i tempi di rateizzo di questi tributi. Come in un arresto cardiaco va fatto subito una immissione di energia per rimettere in moto il cuore e questo lo possono fare solo misure economiche adeguate e in linea con l’emergenza che stiamo vivendo. Non serve, per intenderci, un’altra rottamazione dei debiti perché il mercato che si presenterà davanti quando riapriremo non sarà neppure quello della crisi economica che stavamo già vivendo.

Tutto da ripensare quindi?

Non tutto certamente, ma chi fino ad ora ha proposto le misure economiche da adottare in questo settore capiamo bene che non può avere la reale dimensione del complesso meccanismo su cui è costruita la sopravvivenza delle attività commerciali. Molti negozi avevano già iniziato a ritirare la merce utile alla stagione in corso, una stagione che invece stiamo vivendo da reclusi in casa senza nessuna certezza non solo dei tempi di riapertura ma anche di ricostruzione, per usare un termine post bellico. Febbraio, marzo, aprile sono mesi in cui ricadono scadenze di pagamento che possono essere affrontate solo con un flusso di cassa continuo senza il quale, come purtroppo sta avvenendo, può portare alla chiusura definitiva di molte attività. Quanto sta accadendo di conseguenza nelle famiglie non è stato ancora ben compreso.

Come vede allora il futuro e cosa si può fare concretamente per aiutare il settore?

Siamo davvero all’alba di un tempo senza precedenti, paragonabile al secondo dopoguerra, che non ho conosciuto se non dai racconti degli anziani, ma a mio avviso è molto più grave perché ha di fronte una molteplicità di aspetti che oggi sono molto più complessi. Credo però che con il buonsenso e con scelte coraggiose possiamo farcela certamente. Ci saranno nuove opportunità di vita sociale che ci renderanno più uniti. La solidarietà sarà il comune denominatore, ne sono convinto. Dobbiamo farcela, lo dobbiamo ai nostri figli per non lasciarli soli in un tempo sospeso che non possono conoscere. È necessario un anno bianco a partire dalla riapertura degli esercizi commerciali, quando dovremo riprogrammare il percorso produttivo. Annullamento di tutti i tributi per il 2020 e un meccanismo di alleggerimento dei canoni di affitto attraverso la compensazione delle cartelle IMU e TARI dei proprietari dei locali sugli affitti degli esercizi commerciali. Inoltre, condono tombale per tutte le sofferenze con il fisco.

A prescindere dalla pandemia, cosa è stato sbagliato nell’approcciare il settore anche alla luce di una crisi che sembra ormai infinita?

In un mondo globalizzato non abbiamo voluto credere che eravamo tutti connessi in un unico destino economico. Deve emergere finalmente adesso il concetto di we-economy. È piuttosto l’economia del “noi” di cui dobbiamo parlare e che salverà il nostro futuro e quello di migliaia di famiglie. Nessuno va lasciato indietro. Chi oggi si sente tranquillo non può pensare che lo sia sempre se il mondo produttivo ha fermato il suo percorso. Impiegati, insegnati, dipendenti dello stato, come possono immaginare anche loro un futuro di serenità economica se il cuore pulsante dell’economia si ferma? Nulla sarà più così scontato. Anche i sindacati dovranno riscrivere i loro meccanismi di protezione dei lavoratori. Basti pensare che a Marigliano un negozio di soli 50mq paga circa mille euro di TARI all’anno. È venuto anche il momento di snellire davvero la burocrazia. Oggi, in piena emergenza, si fanno ancora i bandi Consip mentre servono urgentemente mascherine per tutti, innanzitutto per gli operatori sanitari.  Servono scelte coraggiose ma prima di tutto abbiamo bisogno di uomini coraggiosi ed io non ne vedo molti adesso.

Quali critiche muove a chi si ritrova ad amministrare il territorio in questa fase di emergenza?

La presunzione di avere sempre la soluzione ad ogni necessità senza un sano confronto. Solo negli ultimi giorni hanno concesso un dialogo a tutte le forze politiche, maggioranza e opposizione, per raccogliere proposte e strategie da attivare in questa emergenza. Il vero untore oggi può assumere tante forme, quella di chi non ha capito cosa davvero sta accadendo, quella di chi sta facendo disinformazione, anche quella di chi resta indifferente crogiolandosi nella sua comodità economica.