Transizioni di bellezza

0
746
Transizioni di bellezza

Con un suono di corno

il vento arrivò.

E. Dickinson, (1593 Johnson)

I passaggi, i cambiamenti, le transizioni che attraversiamo sono le case che abbiamo abitato. A ciascuna casa abbiamo dedicato attenzione, cura, la passione degli anni migliori, il sentimento del tempo che percepiamo come una durata progettuale, che cioè possa avere un momento conclusivo, segnale di una piccola conquista, di uno stato raggiunto, di un equilibrio ricostruito. E invece non è così. Impariamo ben presto ad organizzare una nuova ricerca. Ci prepariamo. Un trasloco affettivo, cognitivo, morale.

Esso si svolge secondo due ritmi: quello interiore, personale, sviluppato a partire dai  propri cambiamenti e quello sociale, comunitario, che si svolge contemporaneamente agli accadimenti esterni, alle rivolte, ai sobbalzi sociali, alle problematiche politiche, alle trasformazioni antropologiche dentro le quali anche noi stiamo e nelle quali ci sentiamo personalmente coinvolti. A tal punto che questi due aspetti vengono fatalmente a confondersi l’uno nell’altro e i cambiamenti interiori diventano verifica e conseguenza di quelli esteriori.

Così cambiamo casa; ricominciamo a riaccomodare ciò che avevamo già, per non sprecarlo. È tipico delle transizioni la ricerca di mantenere in vita le cose che ci occupano particolarmente, ciò in cui crediamo di più, anche se spesso proprio queste cose, di fronte ai cambiamenti si modificano, talché nemmeno loro rimangono come sono.

Chi è nato nella seconda metà del secolo scorso, per esempio, sembra un nuotatore di tanti mari che attraversa i linguaggi mutati, le relazioni che si scompongono, i significati da ricostruire. Deve accedere a nuovi vocabolari e a nuove sintassi e questo spesso mette fuori gioco un bel po’ di convinzioni, di pregiudizi, spesso di fedi. Può affondare da un momento all’altro e inabissarsi, ma può anche lasciarsi andare a nuovi riposizionamenti di cui nemmeno conosceva le risorse e le preziosità.

Chi, invece, è nato più tardi, nel nuovo secolo, sente meno la drammaticità di questi passaggi; possiede già gli alfabeti e non ha bisogno di acquistare nuovi vocabolari, ma anch’egli è sottoposto alla tensione, ai sobbalzi di senso e deve imparare a riorientarsi. È come se le sue case fossero più moderne, già predisposte al rinnovamento, ma non per questo meno delicate e precarie.

Non è per caso che uno dei problemi principali di chi ha il compito di educare le nuove generazioni è caratterizzato proprio dalla fatica dell’orientarsi, di trovare ogni volta un punto di riferimento che non cambi. Non parlo di “valori”, parola troppo complicata e aperta a panorami molteplici, ma di principi, di idee, di prospettive. I traslochi di cui devono occuparsi gli insegnanti, i genitori, i nonni e tutti coloro che si trovano a dover gestire una relazione educativa riguardano per lo più un alleggerimento del bagaglio, l’accettazione di lasciare che le sapienze di cui sono portatori possano lentamente ricongiungersi con quelle dei più giovani, anche se queste ultime hanno un po’ della foga di chi ha bisogno di affermarsi per poter cominciare a dialogare.

Leggerezza, lentezza, accettazione, tre compagne di viaggio di ciascuno di noi. Esse non assomigliano alla rassegnazione, come a volte si pensa, ma sono gli strumenti che aprono la strada ai nuovi equilibri e aiutano a governarli. In fondo siamo passaggi noi stessi, non c’è dubbio; attenti a non fermarci, ma solo a sostare prima di riprendere il viaggio. Infatti, chi mai potrebbe dire: “Adesso, basta”? Il tempo della storia è come un vento: ci consegna l’invito a lasciarci coinvolgere nei passaggi epocali; basta che siano passaggi di bellezza, pronti ad alzarsi al suono del corno.

Michele Montella

L’immagine è tratta dalla copertina dell’albo “Amici” di Satomi Ichikawa ed. Orecchio Acerbo