Le ricette di Biagio: alici “ammullecate”. Famose quelle delle Taverne di “Iodice” e della “Zoccola”.

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La Taverna napoletana di Nicola Iodice, alla Calata di San Sebastiano, “era frequentata ogni sera da molti cocchieri, che avevano svolto un ruolo importante nei moti del ’99 e che anche dopo mantennero un atteggiamento ostile non tanto contro i Borbone, quanto contro le famiglie dei “galantuomini” che ora avversavano la famiglia regnante e ora la sostenevano “facendosi guidare dallo spirar del vento” (così gridò un “settario” nella taverna di Raffaele alla Sanità).

 Ingredienti (per 6 persone): gr. 600 di alici grosse, che in Campania si chiamano “sperone”; gr. 60 di olio d’oliva; 3 spicchi d’aglio; una manciata di pangrattato;3 ciuffi di prezzemolo; 1 limone; un pizzico di origano; sale e pepe. Togliete alle alici le lische, la testa e la spina centrale; lavatele e lasciatele scolare. Tritate l’aglio e, dopo averlo lavato, il prezzemolo. Versate un poco di olio in un recipiente capace di contenere il pesce, coprite il fondo con un velo di pangrattato e allineate uno strato di alici; cospargete questo strato con un pizzico di prezzemolo tritato e di origano, con pangrattato e con aglio tritato. Salate e “pepate”. Fate altri strati di alici fino all’esaurimento degli ingredienti. Infine, spremete il succo di limone e cospargete con un filo d’olio. Mettete nel forno già caldo e lasciate che si formi una crosticina dorata. A questo punto, portate in tavola le alici “ammullecate”, cioè al gratin. (L’immagine di corredo è presa dal sito di “Buonissimo”).

 

Le taverne napoletane già nella seconda metà del Settecento erano sottoposte a severi controlli della polizia, perché ai loro tavoli si riunivano di frequente i camorristi, nelle loro stanze tenevano bottega le prostitute e nei loro depositi si conservava la merce di contrabbando: ma dopo i moti del ’99 il controllo divenne ancora più severo, perché alcune taverne erano diventate il luogo d’incontro dei “settari” più ostinati. Giuseppe Porcaro ha descritto lo stato delle cose con ricchezza di particolari, ma le carte d’archivio ci dicono molto di più. Del resto, al “Piliero”, prossimo al “Mandracchio” cancellato dai lavori del Risanamento, c’era la taverna “della Zoccola”, gestita da Concetta che era stata una prostituta e continuava a dirigere, nella taverna, una squadra di “buone donne”: ella aveva fatto scolpire, sulla porta del locale, un grosso topo di fogna, una “zoccola”, appunto. La polizia osservava e lasciava correre, perché le donne guidate da Concetta raccontavano cose interessanti sui loro clienti e Concetta stessa era preziosa informatrice. Guappi con idee “carbonare” accompagnavano il capocomitiva Velentino a bere vino, a tenere comizi nella Taverna di Nicola Iodice alla “Calata San Sebastiano” e ad offrire “piatti” a quelli della polizia, i quali non rifiutavano. Nella taverna che gestiva a Posillipo don Gaetano Guida, detto “Giuseppe il Volante”, si riunirono la sera del 28 settembre 1821 28 “carbonari”: fecero spegnere le candele, allontanarono i servitori e per tutta la durata della cena parlarono a bassa voce e comunicarono con segni e con i rumori dei bicchieri. Ci dice un altro fascicolo della Prefettura di Polizia che qualche sera dopo questi “carbonari” fecero sedere al loro tavolo, sulla “loggia”, tre capi della camorra napoletana e parlarono del mercato dei cavalli. Nella taverna “del Mercatello” – a piazza Dante – si riunivano frequentemente una quindicina di persone che la polizia classificava come “settari”, anche perché essi rispettavano come loro capo un tal Di Domenico “che al tempo del Novilunio francese spiegò fascia da Maestro Carbonaro”. La polizia, ricevuta la notizia dai confidenti, incaricò due guardie travestite di sorvegliare il locale, ma i “settari” le “sgamarono” e incominciarono a prenderle in giro con “pernacchi” e a minacciarle con smorfie e  “scosse di testa”. Alcune delle relazioni di polizia ci indicano anche i “piatti” che venivano serviti ai sorvegliati, perché quei “piatti” e le “giarle” di vino erano preciso documento delle loro finanze. Così sappiamo che alla taverna “della Zoccola” i “piatti” più richiesti e più costosi erano la lasagna al forno, “i maccaroni corti con ricotta”, “zoffritto”, salsicce di maiale e contorni di “cipolle fritte”, mentre Nicola Iodice poteva mandare in tavola “scarole imbottite”, “spaghetti con cozze, vongole e calamari” e la richiestissima “pasta con patate e zucchine”. Entrambe le taverne cucinavano saporite “alici nel pane”, che dovrebbero essere “le alici ammullecate”.