Tempi difficili per la democrazia partecipata dal basso. L’istituto del referendum popolare, così difeso da comitati e aggregazioni spontanee può ben trasformarsi in un boomerang . Ricordate quello vittorioso sull’acqua pubblica del 2011 ? L’acqua bene comune, sorvegliata e protetta dai cittadini, tutelata contro gli interessi delle Company , sottratta alla speculazione ed alla voracità del mercato. Ebbene, non sarà tutto questo.
Non è la prima volta che le consultazioni referendarie in Italia siano poi svuotate, annullate da leggi successive. Trascorsi 5 anni, il governo ha rimesso mano alla materia. Un prossimo decreto modifica il cuore della battaglia referendaria: le tariffe di erogazione. Il provvedimento all’esame del Parlamento esclude la possibilità di gestire il servizio idrico in economia o mediante Aziende locali. Il meccanismo riproposto riguarda la remunerazione del capitale , i soldi , che i gestori investono per assicurare l’ erogazione dell’acqua. La competenza tariffaria è dell’ Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico.
La periodica revisione delle tariffe da applicare alle famiglie permetterà per l’appunto ai gestori di recuperare gradualmente i loro investimenti . Qualcosa in più dell’attuale 11 per cento, tanto per capirci. E’ pur vero che da anni si dibatte con scarsissima efficacia su come riorganizzare il sistema italiano . Ma il tema che riemerge oggi è esattamente quello di cinque anni fa: chi e come deve assicurare l’acqua a tutti e con giuste tariffe. I casi di avvenuta pubblicizzazione del servizio, in seguito al referendum, sono pochi. Il Comune di Napoli rivendica questo cambiamento . Ha leggermente abbassato le tariffe, ma ha anche ridotto il personale dell’ex Arin – oggi Abc – da 620 a 350 . In buona sostanza sopporta meno oneri. E’ sempre e ovunque una leva di successo e garanzia di qualità ? Il risanamento delle reti idriche in Italia richiede milioni di euro e le analisi su dove intervenire si sprecano.
I costi di manutenzione su condutture che perdono circa il 40 per cento di quello che trasportano ,sono elevati. Non ha giovato a nessuno sbandierare rivoluzioni tecnologiche e di efficienza che non ci sono state e non ci saranno. E’ stato giusto smuovere un Paese intero con un referendum per la pubblicizzazione dell’acqua, quando era chiaro che quell’obiettivo poco si sarebbe conciliato con la realtà. I comitati hanno svolto un grande esercizio di democrazia partecipata. Ma è mancata e manca ancora adesso una visione strategica di un servizio all’altezza di un paese civile. Il sistema ha accumulato altre inefficienze . Eccetto Napoli – con quel che si è detto – o l’Irpinia dove se ne discute in questi giorni , l’acqua continua ad essere gestita come prima del referendum. Il paradosso di un popolo che obbliga lo Stato ad agire in un modo e lo Stato che preso atto dello sfascio del sistema nel quale nessuno ha messo soldi, interviene sulle tariffe, cioè sul costo a carico dei cittadini.