Acqua bene comune. Decide Renzi

0
1451

Tempi  difficili per la democrazia partecipata dal basso. L’istituto del referendum popolare, così difeso da comitati e aggregazioni spontanee può ben trasformarsi in un boomerang . Ricordate quello vittorioso sull’acqua pubblica del 2011 ? L’acqua bene comune, sorvegliata e protetta dai cittadini, tutelata contro  gli interessi delle Company , sottratta alla speculazione  ed alla voracità del mercato. Ebbene, non sarà tutto questo.

Non è la prima volta che le consultazioni referendarie  in Italia siano poi svuotate, annullate da leggi successive. Trascorsi 5 anni, il governo ha rimesso mano alla materia. Un prossimo decreto modifica il cuore della battaglia referendaria: le tariffe di erogazione. Il provvedimento all’esame del Parlamento esclude la possibilità di gestire il servizio idrico in economia o mediante Aziende locali. Il meccanismo riproposto riguarda la remunerazione del capitale , i soldi , che  i gestori investono per assicurare l’ erogazione dell’acqua. La competenza tariffaria è dell’ Autorità per l’energia elettrica il gas ed il  sistema idrico.

La periodica revisione delle tariffe da applicare alle famiglie permetterà per l’appunto ai gestori di recuperare gradualmente i loro investimenti . Qualcosa in più dell’attuale 11 per cento, tanto per capirci. E’  pur vero che da  anni si dibatte con scarsissima  efficacia  su come riorganizzare il sistema italiano . Ma il tema che riemerge oggi è esattamente quello di cinque anni  fa:  chi e come deve assicurare l’acqua a tutti e con giuste tariffe. I casi di avvenuta pubblicizzazione del servizio, in seguito al  referendum, sono pochi. Il Comune di Napoli rivendica questo cambiamento . Ha leggermente abbassato le tariffe, ma ha anche  ridotto il personale dell’ex Arin  – oggi Abc – da 620 a 350 . In buona sostanza sopporta meno oneri. E’ sempre e ovunque una leva di successo e garanzia di qualità ?  Il risanamento  delle reti idriche  in Italia  richiede milioni di euro e le analisi su dove intervenire si sprecano.

I costi di manutenzione su condutture che perdono circa il 40 per cento di quello che trasportano ,sono elevati. Non ha giovato a nessuno sbandierare rivoluzioni tecnologiche  e di efficienza che non ci sono state e non ci saranno. E’ stato giusto smuovere un Paese intero con un referendum per  la pubblicizzazione  dell’acqua, quando era chiaro che quell’obiettivo poco si sarebbe conciliato con la realtà. I comitati hanno svolto un grande esercizio di democrazia partecipata. Ma è mancata   e manca ancora adesso  una visione strategica di un servizio all’altezza di un paese civile. Il sistema ha accumulato altre inefficienze . Eccetto Napoli – con quel che si è detto – o l’Irpinia dove se ne discute in questi giorni , l’acqua continua ad essere gestita come prima del referendum.  Il paradosso di un popolo che obbliga lo Stato ad agire in un modo e lo Stato che preso atto dello sfascio del sistema nel quale nessuno ha messo soldi,  interviene sulle tariffe, cioè sul costo a carico dei cittadini.