Dedico l’articolo agli alunni delle Scuole che hanno partecipato al progetto “Stem4Art” ed che lunedì saranno ospiti del Liceo “A.Diaz” di Ottaviano. Nell’abside di questa Chiesa dall’affascinante storia vedranno una copia dell’ “Ultima Cena” di Leonardo, una straordinaria “Deposizione”, attribuita a Francesco Curia, grande pittore napoletano del ‘500, e l’ “Adorazione del Magi” attribuita ad Andrea Boscoli(1560-1607) e capace di suscitare l’attenzione di Vittorio Sgarbi.
La chiesa ha una struttura a capanna che i numerosi interventi non hanno modificato. Di tutte le chiese di Ottaviano è la più ricca di opere d’arte, sia per la munificenza dei Medici, sia per la potenza dell’ ordine Domenicano che per secoli la amministrarono.
Sulla parete di fondo dell’abside, in alto sull’altare maggiore, vi è una copia dell’ “ Ultima Cena ” di Leonardo ( cm.500 x 250), che Renato Ruotolo giudicò “ opera non scadente di ignoto secentista ”. Dall’originale, scrive il revisore, sono fedelmente riprodotte la “ disposizione dei gruppi e la tipologia. ” “ Varianti si rilevano nel fondo scuro e sul tavolo dove le vivande dell’opera leonardesca sono sostituite da poca frutta e dal pane e dal vino. Il chiaroscuro è sostituito da un’ombra densa e scura. Oltre l’annerimento è dato di sentire una ricca policromia. ”. E’, per l’Italia Meridionale, un esempio unico di copia del “Cenacolo”. Gli esperti della Soprintendenza ritenevano che la tela fosse arrivata a Ottaviano attraverso i canali controllati dall’ Ordine. Una relazione ufficiale ci dice che nel 1809 c’era, sull’altare maggiore, il quadro della Vergine del Rosario. E’ probabile che siano stati i Padri Perpetui Adoratori, che presero il posto dei Domenicani nell’amministrazione della chiesa, a sostituirlo con la copia di Leonardo
Nel coro, a sinistra, c’è una straordinaria Deposizione ( cm.315 x 355) che anche un cauto revisore della Soprintendenza alle Gallerie giudicò nel 1971 “ di notevole interesse ”. Nel giugno del 1968 Alfredo Marzano, “ d’incarico del prof. Raffaello Causa, Soprintendente alle Galleria della Campania ”, aveva consegnato al parroco don Pasquale Romano 9 dipinti della Chiesa del Rosario, sottoposti a restauro. Nel verbale di consegna la “Deposizione” veniva attribuita , con un punto interrogativo, a Marco Pino: e l’attribuzione era stata condivisa da Vito Librando, che insegnava Storia dell’Arte a Catania. Bisogna anche dire che nello stesso verbale l’” Ultima Cena “ veniva attribuita a un ignoto pittore del ‘700. Nel ’71 Francesco Abbate assegnò l’opera a Ferraù Fenzoni. Ma assai più convincente è il Previtali, che pone la “Deposizione” della chiesa del Rosario tra i lavori più alti di Francesco Curia. In realtà il dipinto è una summa dell’arte di Curia: il disegno, incisivo pur con qualche tratto di rigidità, risente dell’influenza fiamminga, mentre l’accordo e la ricchezza dei colori sono una splendida prova di quella “ maniera dolce e pastosa ” che fu propria del pittore: essa corrisponde perfettamente, soprattutto nella lavorazione dei rossi, all’ “ Apoteosi del nome della Vergine ” su quel soffitto di Santa Maria la Nova che Renato Ruotolo giudica “ una vera e propria antologia della pittura napoletana alla vigilia della venuta di Caravaggio ”.
Sulla parete destra del coro sfolgora, è il caso di dire, una Adorazione dei Magi (cm.350 x 250), che Francesco Abbate attribuì a Andrea Boscoli, pittore fiorentino, vissuto tra il 1560 e il 1607. Fu, il Boscoli, un personaggio eccentrico, a cui il Baldinucci attribuisce anche una vasta produzione poetica, per ora ignota. Abbate fu indotto a pensare al Boscoli soprattutto dalla raffinatezza tecnica dei primi piani del quadro ottajanese, che sono un saggio di quella pittura sfaldata e luminosa messa a punto dall’artista durante gli ultimi anni di attività, trascorsi nelle Marche. La nostra “Adorazione” è molto vicina, per impaginazione e tessitura cromatica, alla “Natività” di Fabriano e alla “ Madonna della cintola” di Macerata . Credo che il quadro sia stato portato a Ottajano da Alessandro de’ Medici, figlio di Bernardetto e di Giulia, reduce dal soggiorno romano presso lo zio, di cui portava il nome, e che fu Papa col nome di Leone XI, dopo essere stato cardinale potentissimo: egli fu anche assai esperto delle cose della pittura, come imponevano la storia della famiglia e la lezione del padre Ottaviano. Il quadro ha suscitato l’attenzione di Vittorio Sgarbi che è venuto due volte a Ottaviano per ammirarlo, per garantirne l’autenticità e per capire come è arrivato nella nostra città.