Il possesso di materiale pedopornografico nella memoria del personal computer è inidoneo alla sua diffusione se il computer è privo di programmi di scambio, condivisione o divulgazione di file.
Con sentenza il Tribunale aveva dichiarato colpevole un signore del delitto di cui all’art. 600-quater cod. pen. (detenzione di materiale pedopornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18). Per quanto qui di interesse la vicenda riguarda i rapporti sessuali intrattenuti dall’imputato con una minorenne “perchè, in più occasioni, realizzava esibizioni pornografiche Filmando i rapporti sessuali intrattenuti con la minore, a insaputa della stessa”. Tali video erano stati scaricati nella memoria del computer, “attraverso il quale estremamente agevole sarebbe stata la diffusione in rete”.
Ricorre per Cassazione l’uomo. Non v’è prova, sostiene il ricorrente, del pericolo concreto di diffusione delle immagini pedopornografiche ad una pluralità di destinatari. È fondato il ricorso: Cassazione penale, sez. III, sentenza 02.10.2014 n° 40781. Questa Suprema Corte ha già affermato che le nozioni di “produzione” e di “esibizione” contemplate nell’art. 600-ter, cod. pen., richiedono l’inserimento della condotta in un contesto di organizzazione almeno embrionale e di destinazione, anche potenziale, del materiale pornografico alla successiva fruizione da parte di terzi, deve escludersi che un tale contesto organizzativo e di destinazione possa essere desunto esclusivamente dalla disponibilità di uno strumento oggi in possesso di chiunque, quale un computer solo perchè il computer costituisce (al pari di tanti altri) un mezzo con cui le immagini potrebbero in astratto essere diffuse o condivise, tanto più se il computer è privo di programmi di scambio, condivisione o divulgazione di file (così, in termini, Sez. 3, n, 17178 del 11/03/2010, Rv. 246982).
Tuttavia, sono gli stessi giudici distrettuali a privare di consistenza la valenza indiziaria del possesso di materiale pedopornografico nella memoria del PC dell’imputato, dando atto della circostanza che questi non era in possesso degli strumenti tecnici e delle competenze necessarie a condividere in rete il materiale. In ogni caso, sulla concreta inidoneità del PC dell’imputato a condividere in rete il materiale pornografico in esso contenuto, la Corte adotta una motivazione insufficiente che non tiene conto del fatto che nemmeno la pubblica accusa aveva ritenuto di attribuire alla detenzione del materiale pedopornografico nella memoria del PC dell’imputato la valenza penale del più grave delitto di cui all’art. 600-ter, cod. pen. L’uomo, comunque, veniva riconosciuto colpevole e condannato per gli altri reati posti in essere.
(>Fonte foto: Rete Internet)