Chi ha messo l”articolo salva- Berlusconi nel decreto della delega fiscale? “La pezza a colore” è stata un rimedio più rovinoso del buco da rattoppare. Nella Napoli del primo Novecento: il “basaiuolo” e l’arte di “distrarre” le vittime dei raggiri.
E dunque Renzi, l’uomo del “futuro è solo l’inizio”, avrebbe fatto, anche lui, uno ” ‘nciucio” con il Cavaliere: e, poichè è un furbo, avrebbe approfittato della “distrazione” degli Italiani che pensavano ai guai, al capitone, e alle prediche di Benigni.
“Distrarre” è un verbo spettacoloso. Indica la “mariolizia” dei funzionari che spendono il pubblico danaro per obiettivi diversi da quelli a cui quel danaro era destinato; significa “divertire”; significa “impedire a qualcuno di concentrare sguardo e mente su una certa attività”. In questo senso l’arte del “distrarre” era una disciplina fondamentale nella “Scuola di ladroneccio” a cui Abele De Blasio dedicò il primo capitolo del suo libro “La malavita a Napoli”, pubblicato nel 1905. Da questa scuola uscivano delle “eccellenze” del crimine, i “basaiuoli”, che erano qualcosa di più dei nostri “basisti”: non si limitavano a indicare ai ladri i luoghi da saccheggiare, e ai “borsaioli” i forestieri “pachiochi”, cioè stupidi, da spogliare: nei negozi di abbigliamento, che erano il loro “pane quotidiano”, i “basaiuoli” distraevano l’attenzione dei commessi per aprire il varco ai ladri.
La “distrazione” è uno dei condimenti psicologici della nostra vita quotidiana – quante volte al giorno decidiamo di non voler nè vedere nè capire: -, ed è una tattica usata da chi cerca di deviare il nostro sguardo e la nostra attenzione da questioni e da situazioni che ci riguardano, ma che qualcuno ha deciso che non dobbiamo conoscere. Questa tattica fa parte, dai tempi di Epaminonda, dell’arte della guerra, e si usa nel gioco del calcio, e nei giochetti della politica. Dunque, a Natale è stato scoperto che un articolo del decreto attuativo della delega fiscale dichiara non punibile l’evasione fiscale che non superi il 3% del reddito imponibile dichiarato: e poichè il sig. Berlusconi è stato condannato per una frode fiscale di 5 milioni di euro, pari all’1,2% dell’imponibile della sua azienda, molti hanno rumorosamente, a voce alta, sospettato che fosse un regalo di Natale per smacchiare il Cavaliere e renderlo ricandidabile.
Una postilla inserita nel decreto ” ‘nterzetto” , o ” ‘ntrezzetto” che dir si voglia, insomma, di contrabbando: una volta, ai tempi belli della DC, queste ciambelle di salvataggio le infilavano nel 300° paragrafo di un decreto sul commercio della lana d’angora o sull’allevamento degli struzzi, insomma in coda a un documento che nessuno avrebbe mai letto.
Il sig. Renzi, invece, avrebbe dovuto capirlo, che le sue carte le leggono tutte, dalla prima all’ultima parola, poichè i suoi avversari che stanno dentro il PD sono destinati, forse, alla rottamazione, ma i testi degli atti li sanno ancora leggere, sopra e sotto.
Gli Italiani l’hanno messo in conto, dal primo giorno, che la lealtà del Cavaliere a Renzi verrà ricompensata – a Napoli dicono che >nisciuno fa niente pe’ senza niente -, ma incominciano anche a diffidare di chi parla troppo. Anche a qualcuno degli ammiratori di ieri pare, ora, che il sig Renzi sia un ciancione, un cicalone, che non sappia parlare “abbasato”. Il buco che il decreto ha aperto nella sua immagine è grosso: e “le pezze a colore” non solo non hanno rattoppato quel buco, ma l’hanno allargato. Chi ha infilato l’articolo nel testo del decreto? Per due giorni c’è stato “rimpallo” (CdS, 5 gennaio) tra Renzi e Padoan, ministro dell’Economia e delle Finanze, poi il premier si “assume la responsabilità”.
Ma Vincenzo Visco, che è stato ministro prima delle Finanze, e poi del Tesoro e del Bilancio, dice una cosa grave, e cioè che dal consiglio dei ministri della vigilia di Natale è uscito un testo diverso da quello che vi era entrato, portato da Padoan: “o non si è accorto che il suo testo è stato manipolato, o lo ha accettato come è uscito.”(Cds, 5 gennaio). Renzi, quando parla, capita che talvolta non sappia mettere il punto fermo al posto opportuno. “Blocco la norma”, dice, ma “comunque la rinviamo a dopo il voto” per il Presidente della Repubblica. E subito l’avv. Coppi, legale del Cavaliere, dichiara che il premier si serve di quel decreto per ammorbidire il suo assistito e tutta Forza Italia in vista dell’elezione per il Quirinale (>Libero.it, 6 gennaio).
Le stesse cose le dice Gianni Cuperlo, della minoranza del PD. Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia al Senato, dichiara che ” non è una legge per Silvio, ma di civiltà” (>la Repubblica, 6 gennaio). E così Stefano Folli scrive che “cambia poco se la vicenda del decreto è una cospirazione o un pasticcio: in un attimo ha ripreso vita la minoranza pd e Grillo è uscito dal letargo” (>La Repubblica, 6 gennaio). Non dimentichiamo il precedente: secondo Pietro Ichino, nel testo del Jobs Act c’era la norma sulla “licenziabilità” dei dipendenti pubblici, i ministri Madia e Poletti hanno smentito Ichino, Matteo Renzi ha ammesso di aver tolto lui la norma. Che dunque c’era, nel testo.
Sulla prima pagina del Corriere della Sera (5 gennaio) Luigi Ferrarella si chiede: Furbizia o solo ignoranza? Non lasciamoci ingannare da quell’ “o”. I furbi che si fanno smascherare sono anche essi degli ignoranti, prima di tutto perchè non hanno saputo occultare la loro furbizia.
Stamattina, in una panetteria di Palma, un’anziana signora ha concluso una sua silenziosa riflessione sillabando ad alta voce, all’improvviso: “Stiamo male combinati”.
(>Foto: Georges La Tour, Il baro)