Le riprese visive nell’aula scolastica sono prove contro l’insegnante

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L’aula scolastica non può essere considerata “domicilio”, ai fini della tutela della riservatezza.

L’aula scolastica non può essere considerata "domicilio", ai fini della tutela della riservatezza.
Trattandosi infatti di un luogo dove può entrare un numero indeterminato di persone (alunni, professori, preposti alla sorveglianza e ella direzione dell’istituto, familiari degli alunni) essa va qualificata come luogo aperto al pubblico.

Il fatto
Ricorre per Cassazione una maestra avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Brescia, in quanto era stata condannata per il reato di maltrattamenti pluriaggravati commessi ai danni di alcuni bambini dai sette ai dieci anni di età. Risulta dall’ordinanza impugnata che, a seguito della presentazione da parte dei genitori di tre alunni, di denuncia in ordine a punizioni corporali subite dai figli ad opera della maestra, il P.M. aveva emesso, il 1 marzo 2012, decreto con il quale si disponeva di effettuare videoriprese all’interno dell’aula dove la maestra teneva le sue lezioni, al fine di filmare la sua condotta.

L’attività di monitoraggio veniva svolta nel periodo 3-19 marzo 2012, consentendo agli operanti di assistere in diretta a numerosi atti di violenza posti in essere dall’indagata ai danni dei bambini (schiaffi al volto e alla nuca, strattoni, poderose tirate d’orecchi e di capelli). La maestra ritiene non valida l’ordinanza che la condanna. Ella sostiene, in sede di difesa, l’ inutilizzabilità di tutte le videoriprese effettuate nell’aula della scuola elementare ove svolgeva la propria attività lavorativa giacchè l’attività di ripresa difettava di idoneo provvedimento autorizzativo di natura giurisdizionale.

Infatti erroneamente l’ordinanza in questione ha ritenuto di qualificare l’aula scolastica come “luogo aperto al pubblico” poiché la maestra esercita, all’interno dl tale struttura, uno ius excludendi, sia pur limitatamente al periodo di tempo in cui si svolgono le proprie lezioni, nei confronti di qualunque estraneo, e gode quindi di una propria riservatezza ed autonomia. Sarebbe stata dunque necessaria l’autorizzazione del Gip, in mancanza della quale le videoriprese raccolte sono inutilizzabili. La maestra chiede, quindi, l’annullamento dell’ordinanza con declaratoria di inutilizzabilità delle videoriprese in disamina.

Le motivazioni formulate dalla maestra secondo la Cassazione penale, sez. VI, sentenza 03.09.2012 n° 33593 sono infondate. Al riguardo, le Sezioni unite (Sez. un. 28-3-2006, n. 26795) hanno stabilito che la tutela costituzionale del domicilio va limitata ai luoghi con i quali la persona abbia un rapporto stabile, sicché, non sono ammissibili riprese visive effettuate, ai fini del processo, in ambito domiciliare. Nel caso in disamina, deve escludersi che un’aula scolastica possa essere considerata un domicilio. Trattandosi infatti di un luogo dove può entrare un numero indeterminato di persone (alunni, professori, preposti alla sorveglianza e ella direzione dell’istituto, familiari degli alunni), essa va qualificata, come questa Corte ha avuto modo di stabilire, come luogo aperto al pubblico.

A questa qualificazione non è d’ostacolo la ravvisabilità, in capo all’insegnante, di uno ius excludendi che certamente gli compete ma che è preordinato non alla tutela della sua riservatezza o comunque di prerogative personali del docente, ma all’ordinato svolgimento dell’attività didattica, che certamente potrebbe venire turbato dall’indebita intromissione di estranei, e dunque esclusivamente alla migliore esplicazione della funzione.
Correttamente, pertanto, nel caso in disamina, il p.m. ha emesso un provvedimento motivato, con il quale ha dato atto delle ragioni per le quali era necessario procedere all’attività di videoregistrazione, sulla base degli elementi allo stato desumibili dalle attività d’indagine fino a quel momento svolte (dichiarazioni dei genitori di alcuni alunni; registrazione di un file audio per mezzo di telefono cellulare da parte di una della mamme dei minori), in merito al reato di maltrattamenti, senza alcuna necessità di richiedere l’autorizzazione al gip.
La cassazione conferma gli arresti domiciliari della maestra.