L’amore dura in eterno o è una condizione illusoria con data di scadenza? Beigbeder non cerca una risposta ad una domanda irrisolvibile, ma descrive la parabola di un uomo disincantato che torna ad aprirsi alla forza del desiderio.
Marc Monnier è un critico parigino che si occupa di pubblicità e gossip mondano. É un uomo cinico, amante della bella vita e delle donne, con una particolare concezione dell’amore: secondo Marc, non può durare più di tre anni, nasce con una data di scadenza ed è destinato a morire. In questa visione disincantata ha una forte influenza la vita privata di Marc, il cui matrimonio è andato in crisi proprio dopo tre anni.
Ma un imprevisto cambia le cose. Marc si innamora di Alice, che gli resiste. Lo scrittore, col cuore infranto, scrive con uno pseudonimo un libro sull’impossibilità dell’amore. La fama e il libro si metteranno tra Marc e Alice, cambiando i termini della loro relazione.
Beigbeder è all’esordio alla regia e sceglie un suo fortunato romanzo. Lo scrittore francese mostra di aver studiato le grandi commedie nazionali sul tema dell’amore, tradizione prestigiosa e molto pesante da gestire. Difficile dire qualcosa di nuovo, difficile non cadere in paragoni con i maestri di ieri e di oggi. Beigbeder se la cava discretamente, imbastendo una commedia raffinata in bilico tra una venatura amara e un’altra più leggera.
Il ritmo è spedito e gradevole. Il protagonista indiscusso del film è Marc. La sua amarezza è una facciata protettiva: crede nell’idea di un amore invincibile, ma finisce a scontrarsi con l’altra metà del cielo, le donne. Senza calcare troppo la mano, Beigbeder fa comunque un discorso di genere. Il personaggio di Marc funziona bene perché dietro le speculazioni da cinico e viveur si nasconde una visione totalizzante dell’amore, la forza prima in grado di muovere la vita. La Parigi notturna, le avventure, i discorsi da salotto sulla fugacità e la debolezza delle relazioni, gli inni ai piaceri carnali – elementi della vita e del lavoro di Marc – costituiscono la scenografia posticcia dell’unica verità possibile: la forza del desiderio.
Beigbeder è un’artista della parola e realizza un film dove gli aspetti letterari e la citazione colta hanno un ruolo fondamentale. In questa cornice raffinata si colloca l’evergreen della complessità delle relazioni amorose. L’oscillazione tra la disillusione e la volontà di credere nell’amore è ben costruita, grazie ai dialoghi e alla bravura dei due protagonisti.
Progressivamente il film scivola compiaciuto verso il romanticismo, ma la cosa non pesa. Alcuni passaggi sono retorici, ma Beigbeder non ha l’ambizione o la pretesa di fornire risposte definitive. Se lo schema di partenza è piuttosto abusato – fine di un rapporto, chiusura ai sentimenti e successiva “apertura” grazie ad un nuovo incontro – è interessante, leggero e non banale l’affresco sulla mutevolezza degli stati d’animo che ne deriva. Che duri in eterno o finisca dopo tre anni, l’intensità del desiderio amoroso è l’istante che riempie la vita e al quale, cinici o idealisti, è necessario abbandonarsi.
Voto 6,5/10
Regia di Frédéric Beigbeder, con Gaspard Proust, Louise Bourgoin, Frédérique Bel, Joey Starr, Jonathan Lambert
Durata: 100 minuti
Titolo originale: L’amour dure trois ans
Uscita nelle sale: 27 giugno 2012