La legge 194: una notizia buona e una cattiva

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Se da una parte si muove qualche passo nella direzione di una più piena e garantita applicazione della

legge, dall’altra continuano gli attacchi in nome della “difesa della vita”.

Quella dell’applicazione della legge 194 nel nostro paese e nella nostra regione, è diventata negli ultimi

anni una questione sempre più spinosa. Principalmente per due motivi. Uno è la possibilità per i

medici di dichiararsi obiettori di coscienza ed astenersi dagli interventi di interruzione volontaria di

gravidanza. Il secondo è l’attacco sistematico che viene portato alla legge dalle associazioni cosiddette

pro-vita, che si ergono a paladini e difensori del diritto alla vita dell’embrione e del feto, individuati

come soggetti deboli e impossibilitati a difendersi da sè. Di questi attacchi fa parte anche la proposta,

apparentemente “neutra”, che proprio per questo riscuote spesso l’appoggio di politici di varie parti, di

istituire un’anagrafe per i feti abortiti e una sezione apposita nei cimiteri.

Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza si è già scritto su queste pagine come il diritto del cittadino

all’obiezione di coscienza, diritto sacrosanto e maturato negli anni in cui si sono affermate idee pacifiste

(infatti si trattava in origine di giovani che non volevano apprendere l'”arte della guerra”, non volevano

imparare ad uccidere altri uomini), è diventato successivamente uno strumento che ha snaturato la legge

194, quando ci si trova, come nella nostra regione, di fronte all’80% dei medici obiettori. E poi non

sono obiettori solo i medici, ma anche anestesisti e infermieri, perfino farmacisti.

In questo campo una buona notizia c’è.La Regione Lazio ha deliberato che nei consultori i medici

sono tenuti a prescrivere contraccettivi, compresa la pillola del giorno dopo, e non possono rifiutarsi

di farlo dichiarandosi obiettori. Infatti si precisa che l’obiezione riguarda esclusivamente il trattamento

dell’interruzione volontaria di gravidanza, niente altro. Per cui attestare lo stato di gravidanza,

certificare le richiesta della donna, prescrivere contraccettivi ormonali, sia routinari che in fase post-
coitale, o contraccettivi meccanici, sono azioni dalle quali nessun medico può esimersi. La giunta

Zingaretti, quindi, mette un punto fermo su tutta la questione della pillola del giorno dopo e anche

sul funzionamento dei consultori e la certificazione delle richieste delle donne in stato di gravidanza.

Il medico, anche se obiettore, ha il dovere di informare, sulle procedure e sulle strutture dove si

effettuano le ivg .

Va da sè, sarebbe auspicabile una delibera simile anche nelle altre regioni italiane, soprattutto nella

nostra, che è una di quelle con la maggiore percentuale di medici obiettori.

Il secondo elemento che mette in pericolo la tutela del diritto alla salute e alla scelta libera delle donne

è costituito dagli attacchi diretti alla legge da parte dei movimenti pro-vita e dalla proposta, ricorrente,

di istituire cimiteri per i feti. L’ultima viene da Lecce. La giornalista antimafia Mastrogiovanni viene

coperta di insulti e minacce (“Spero che tu possa morire, non prima di venire seviziata” (sic!)….tali

sono i difensori della vita!) perchè attacca duramente l’iniziativa del comune di iscrivere all’anagrafe i

bambini non nati, frutto di aborto volontario, spontaneo o morte perinatale. Il Comune vorrebbe anche

seppellirli al cimitero, in una sezione riservata. Indipendentemente dal merito delle polemiche suscitate

dall’articolo della Mastrogiovanni, è innegabile che iniziative del genere possono legittimamente far

pensare al tentativo di dare personalità giuridica ai feti. Quello che forse riesce incomprensibile a

chi non l’ha vissuto o a chi è troppo influenzato da pregiudizi/convinzioni morali o religiose è che il

lutto, la perdita che subisce una donna che abortisce è esattamente identico sia nel caso di un aborto

spontaneo, sia volontario. E’ una perdita che si piange a lungo, per tutta la vita, senza che ci sia

bisogno nè dell’anagrafe nè del cimitero. Nè queste cose potrebbero mai alleviare la pena.

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