La dimensione educativa dello sport

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    Lo sport ha delle grandi potenzialità: può far riscoprire il senso del sacrificio, il senso dell’impegno, della lealtà, promuovere la crescita integrale della persona umana.

    Tra qualche ora a Londra avranno inizio i XXX Giochi Olimpici estivi. Questa festa mondiale dello sport ci dà l’occasione per fare insieme alcune riflessioni. Da sempre le attività sportive favoriscono ed accompagnano la crescita umana di intere generazioni. Oggi più che mai, l’atleta rappresenta un modello ed un esempio, soprattutto per i ragazzi ed i giovani. Basti pensare agli idoli del calcio, veri e propri “miti sociali”, per tutti , ma particolarmente per le fasce più “tenere” e condizionabili della società. Tutte le attività sportive hanno una caratteristica peculiare: riproducono sul piano simbolico la realtà della vita.

    Vincere, perdere, conseguire un successo o subire una sconfitta: sono sensazioni che ognuno di noi vive quotidianamente. Per questo siamo tutti “atleti”, nella e della vita. Ma, come nella vita, lo sport non deve perdere quella capacità di educare ai valori dell’esistenza attraverso una competizione sana e leale, tesa a costruire persone capaci di interpretarla in modo autentico. Questa è la vera funzione educativa dello sport: quella che aiuta a superare un ostacolo apparentemente insormontabile o a dominare l’emozione prodotta da una straordinaria vittoria. Nelle palestre, come negli oratori, sono cresciute insieme differenti generazioni, le une accanto alle altre.

    Tantissimi campioni sportivi hanno cominciato la “carriera” sui campi delle parrocchie e degli istituti religiosi. In questi luoghi alcuni hanno costruito il proprio futuro e imparato il rispetto per se stesso e per l’altro. La pratica sportiva favorisce, appunto, questa crescita armonica della persona. Tutti siamo chiamati a fare la nostra parte perché le nuove generazioni siano educate ai veri valori della vita: le società sportive, le associazioni, i dirigenti, gli allenatori, gli arbitri, gli atleti, gli educatori, i tifosi. Soprattutto qui, nella nostra terra, dove è ancora più marcata l’esigenza di uno sport di qualità – improntato alla giustizia e alla legalità – che contribuisca a costruire nuovi talenti e sia capace di rivolgersi ai bravi ed ai meno bravi, agli abili ed ai disabili.

    Anche la Chiesa "esperta in umanità" e "buona samaritana dell’umanità" può dare un contributo alla soluzione dei gravi e urgenti problemi che affliggono oggi il mondo dello sport. Lo sport nell’era della globalizzazione è certamente in grado di superare barriere geografiche, sociali ed economiche, ma anche di creare "un’industria del tempo libero" che produce sogni di potenza e di successo. Per molte persone lo sport è diventato uno stile di vita e per non pochi uomini e donne è un vero e proprio surrogato dell’esperienza religiosa. Nella società secolarizzata gli spettacoli sportivi hanno assunto il carattere di rituali collettivi. Stadi e palestre diventano così templi del nuovo culto. A questo processo si accompagna, poi, un cambiamento del rapporto dell’uomo con il proprio corpo.

    Dalla cura del corpo si è passati al culto del corpo. Altre ombre che colpiscono lo sport sono la corruzione, le interferenze politiche e il fenomeno del doping, l’ingerenza dell’economia e la ricerca della vittoria ad ogni costo, il problema della violenza, il ruolo dei media. Ma, ringraziando Dio, ci sono schiere di persone per le quali lo sport è una vera scuola di umanità. Queste persone sono una potente risorsa per rinnovare il mondo dello sport. Lo sport ha delle grandi potenzialità: può far riscoprire il senso del sacrificio, il senso dell’impegno, della lealtà, promuovere, in fondo, la crescita integrale della persona umana. Questo è il suo compito principale, alla cui riscoperta dobbiamo dare tutti il nostro contributo.

    Personalmente penso anche, che in tempo di crisi, sentir parlare di milioni di euro per un ingaggio annuale è uno scandalo sociale, che grida vendetta agli occhi di Dio. Se è necessario “tagliare” sulla pelle della povera gente che non arriva a fine mese, tanto più si deve tagliare su coloro che guadagnano tanto, facendo, in fondo, quello che piace loro fare: giocare al pallone o guidare una macchina.
    (Fonte foto: Reuters)

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