Talvolta, esiste ancora la convinzione che l”uso delle maniere forti nei confronti degli alunni minori siano utili a correggere e ad educare. Il caso che trattiamo si configura come caso grave.
La nozione giuridica di abuso dei mezzi di correzione va interpretata in sintonia con l’evoluzione del concetto di "abuso sul minore", che si concretizza allorché si configuri un comportamento che umilia, svaluta, denigra e sottopone a sevizie psicologiche un minore, causandogli pericoli per la salute, anche se compiute con soggettiva intenzione correttiva o disciplinare.
Il caso
Il C., in qualità di maestro di scuola elementare presso l’Istituto “K.”, maltrattava i propri alunni; alcuni in particolare, erano percossi con calci e schiaffi.
Condannato in appello, ricorre per cassazione.
Correttamente, con adeguata ed esaustiva motivazione, i giudici del merito hanno assunto a base della ricostruzione dei fatti le dichiarazioni rese dai minori.
Da queste, è emerso abbastanza chiaramente come il C., indicato da tutti come il maestro "X.", usava quelle che si dicono "maniere forti" per mantenere la disciplina nella classe e cercare di insegnare qualcosa ai suoi alunni. “Il maestro X. … dava botte tutti i giorni a tutti i bambini, specialmente a quelli più monelli”, questo il leit motiv delle dichiarazioni.
Il fatto commesso dall’imputato, viene qualificato come abuso dei mezzi di correzione ed appare davvero al limite del più grave delitto di maltrattamenti, non potendosi, comunque, ignorare, con specifico riferimento alle espressioni linguistiche utilizzate nell’art. 571 c.p., che la nozione giuridica di abuso dei mezzi di correzione va interpretata in sintonia con l’evoluzione del concetto di "abuso sul minore", che si concretizza – ex art. 571 c.p. (nella ricorrenza dell’abitualità e del necessario elemento soggettivo) – allorché si configuri un comportamento doloso, attivo od omissivo, mantenuto per un tempo apprezzabile, che umilia, svaluta, denigra e sottopone a sevizie psicologiche un minore, causandogli pericoli per la salute, anche se compiute con soggettiva intenzione correttiva o disciplinare.
(Cassazione Sez. VI penale. Sentenza 24 aprile – 13 settembre 2007, n. 34674)
Il Collegio ritiene che gli atti compiuti dall’imputato hanno realizzato traumi psicologici per le piccole vittime e, perciò, fatti da cui deriva pericolo di una malattia nella mente delle parti offese; pericolo che, alla stregua delle più recenti acquisizioni scientifiche, sussiste ogniqualvolta ricorre il concreto rischio di rilevanti conseguenze sulla salute psichica del soggetto passivo, essendo, ormai, opinione comune nella letteratura scientifico-psicologica che metodi di educazione rigidi ed autoritari, che utilizzino comportamenti punitivi violenti o costrittivi, come quelli realizzati dall’imputato, siano non soltanto pericolosi, ma anche dannosi per la salute psichica, così da essere responsabili di una serie di disturbi variegati e complessi: dallo stato d’ansia all’insonnia e alla depressione, fino – quando il trauma si è verificato nei primi anni di vita – a veri e propri disturbi caratteriali e comportamentali nell’età adulta.
Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso e condanna l’insegnante.