Se vi capita, provate a leggere le ultime pagine dei vecchi giornali, quelle degli annuncia pubblicitari: “sanno ancora di uomo”. Di Carmine CimminoNella quinta delle sue Lezioni americane Italo Calvino fece l’elenco degli scrittori che, a parer suo, avevano tentato di scrivere un “romanzo sull’universo“, il romanzo enciclopedico: Goethe, Musil, Gadda, Borges, Pérec. Flaubert, il Flaubert di Bouvard e Pécuchet, che sono gli eroi immortali della stupidità, occupa nell’elenco un posto a parte, perché la sua massima ambizione era di scrivere un romanzo universale sì, ma non sul tutto: sul niente.
Alla lista di Calvino Guido Almansi aggiunse Joyce, Henry Miller, e Thomas Pynchon. Henry Miller diceva che non è difficile scrivere un romanzo enciclopedico: basta prendere i vecchi giornali e leggere diligentemente le ultime pagine, quelle degli annunci pubblicitari. Lì si trovano le storie di tutti gli uomini e di tutte le cose. Le pubblicità dei giornali di oggi non servirebbero allo scopo: sono disperse qua e là, e dunque non hanno il fascino che viene dallo stare insieme, una addosso all’altra. E poi sono troppo tecniche, e troppo annacquate dalle analisi di mercato. Gli annunci dei primi anni del ‘900, diceva Miller, sanno ancora di uomo.
Prendiamo il numero del Mattino del 12-13 gennaio 1900. La quinta parte della pagina è riservata all’ Ischirogeno (Rigeneratore delle Forze). Un solenne nome greco per un elisir a “base di fosforo, ferro, chinina, calce, coca, stricnina”. Proprio così. Ho copiato fedelmente. Questa pozione, che nessun altro preparato può uguagliare, non c’è morbo che non guarisse: “neurastenia, cloroanemia, diabete, impotenza, debolezza di spina dorsale, forme paralitiche, rachitide, polluzioni, spermatorrea, emicrania, malattie di stomaco, scrofola, debolezza di vista”.
L’inventore della miscela non fu uno di quei dentisti- barbieri che percorrevano il West offrendo ai pionieri e agli indiani intrugli che sapevano infine solo di whisky, ma lo mise a punto, questo terribile ischirogeno, tale O. Battista, titolare della Farmacia Inglese del Cervo, che si trovava a via Cavone, nei pressi di piazza Dante.
E tutti i più grandi medici napoletani confermarono le virtù del prodotto: Bianchi, Capozzi, anche Errico De Renzi, perfino Cardarelli. Il prof. Biondi certificò che l’ischirogeno “ha dato un risultato splendido in un caso di esaurimento positivo per perdite seminali notturne.”. È probabile che la polluzione e l’impotenza fossero un problema nazionale: poiché in un piccolo riquadro, proprio sotto l’ischirogeno, c’è la pubblicità dei succhi organici prodotti nel laboratorio del dottor Moretti, milanese: utili, si legge, come cura radicale non solo contro quelle due patologie, ma anche contro le malattie dei nervi e dello stomaco. C’era, anche allora, chi mangiava troppo, e chi troppo poco. I mangiatori gagliardi rinfrescavano e depuravano il sangue con “Lo Sciroppo Pagliano“, del prof. Ernesto Pagliano, Calata San Marco, 4, Napoli ( casa propria, la quale non ha succursale altrove).
Lo immagino il professore, – pizzo severo, panciotto e “cipolla“ Roskopf-Patent con catena d’oro -, che aspetta, nella sua casa-bottega, alluvionati clienti dalle cantine e dalle fiaschetterie disseminate nel quartiere, e li aiuta a sciogliere nello sciroppo i fumi del vino e le impurità del sangue. Accanto alla pubblicità del depurativo campeggia quella dei Veri vini da pasto di Forio d’Ischia. Vini veri, della Casa Luigi Verde e Figli, lire 16 il barile di 44 litri. Che era un prezzo strepitoso, soprattutto per un vero vino.
I vini truccati provocano gastricismo: e contro il gastricismo, e anche contro le emicranie, l’itterizia e la stitichezza il dottor Fattori di Milano aveva preparato le Pillole universali Fattori, fatte di cascara sagrada e di protofillina: ne cantano le lodi tale Fusetti Silvio, di Rovigo, anche a nome della sorella, “sofferente al pari di me di gonfiezza di ventre“ e il fornaio Luigi Scarmagnan, di Ferrara, che si è liberato per sempre “di un invecchiato e persistente gastricismo“. Il dottor Fattori aveva creato anche un elisir contro i reumi e la gotta, e pillole solventi e un unguento contro le emorroidi. Il grossista di tutti i prodotti Fattori era Tranquillo Ravasio, che amministrava, in Milano, un deposito non solo di medicinali, ma anche di acque minerali.
Un fascino particolare si sprigiona dall’urto tra queste fantastiche pubblicità e le confinanti corrispondenze private, a cent. 5 la parola, minimum lire una. Un tale, che si firma Fratellino, scrive: “Sorellina. Che brutto destino. Sono obbligato guardare ancora il letto”, cioè rimanere a letto, indisposto. “Puoi figurarti immenso mio dispiacere per non poterti vedere; pazienza. Spero venire domani o lunedì. Assicuroti che penso sempre a te e ti voglio bene assai. Bacioni infiniti”. G.G. scrive a G.G. Hai creduto essere chiara. Non lo eri affatto. Faccio mille brutte supposizioni. Continua egualmente scrivere. Verrò presto salutarti. Baci. Ma all’equivoca freddezza di questo sospettoso G.G. si oppongono, per fortuna, gli innamorati caldi, nutriti dalla canzone napoletana e da D’ Annunzio.
Ricordi notti religiose ?…. intona un appassionato anonimo… giuraiti allora eterno affetto, sognaiti, sognoti sempre; ma vale delirio senza tua affermativa?… ed è tutta napoletana questa idea che il delirio d’amore uno lo accende se ne vale la pena, e se no, lo spegne. La donna del quadro di Eugenio Viti sta dormendo, o si sta consumando nelle rimembranze d’amore? Misero mortale sono, lontano da te.. tergi disperate lagrime. Per fortuna, alle corrispondenze private seguono gli avvisi economici. “Signorina ventiduenne, dote trentamila lire, sposerebbe giovane distinto laureato Legge, oppure Ufficiale età non superiore 33 anni”. No, non è un riferimento, che sarebbe blasfemo, agli anni di Cristo. C’è il misticismo pitagorico dei numeri nella progressione con base 11: lei 22 anni, lui non più di 33. Non rispondesi lettere firmate pseudonimi. Inviare fotografia. Ovviamente.
La signorina è di San Paolo Belsito. Trentamila lire di dote. C’è da credere che San Paolo sia stata invasa da reggimenti di pretendenti. Con trentamila lire di dote, anche se la signorina fosse stata più brutta della notte più nera, anche se avesse avuto i mustacchi, tutti l’avrebbero trovata bella e simpatica. Un fiore. “Cercasi cameriera Alta Italia, quarantenne, sola, senza appendici. Intendasi cucina, mansioni casa per persona sola. Esclusa risposta senza minutissimi chiarimenti”. Per il bucato avrebbe certamente usato, la quarantenne senza appendici, il “maypole soap, di manifattura inglese, che tinge in qualunque gradazione di colore”.
E l’elenco delle gradazioni non può non essere affidato alla memoria dell’officina dei sensi: rosa, crema, nocciuola, eliotropio, violetto chiaro, canarino, cervo, arancio, verde aloe, carnicino, scarlatto-ciliegia, terracotta, rosso cardinale, noce, turchino, nero pece, salmone, tabacco, carminio. Il colore della veste della signorina Olga, che è il vero protagonista del quadro di Viti, è una lacca di carminio addolcita da una punta di arancio. Più che i pensieri della donna, interessano a Viti le voci colorate delle cose. I pensieri vanno e vengono. Le cose sono eterne.
(Foto: Quadro di Eugenio Viti, "Olga alla finestra" (1914-15).