Lo scempio infinito della discarica illegale più rilevante a ovest del Vesuvio, un luogo simbolo per l’inquinamento territoriale ma anche per l’ipocrisia locale. La cronaca di una denuncia frustrata e di un incendio divampato.
Mercoledì scorso mi sono recato dai carabinieri della caserma di San Sebastiano al Vesuvio, per segnalare ed eventualmente denunciare il rinvenimento di un oggetto che, a mio avviso poteva essere una torcia rudimentale, di quelle che si usano per far luce ma anche per appiccare un fuoco. Segnalai il ritrovamento in via Novelle Castelluccio anche con un articolo per questa stessa testata (LEGGI) e con l’amara certezza che prima o poi il fuoco sarebbe divampato.
La qual cosa fu invece considerata opinabile da parte dei militari, anche se acquisiva la sua importanza per il posto nel quale era stato rinvenuto l’oggetto in questione, luogo di scarichi illegali e soprattutto di incendi dolosi. I carabinieri interpellati in quell’occasione si mostrarono subito scettici e con quel sorriso di sufficienza, quello che ti mette alle corde, perché capisci che dentro di loro, dietro la loro flemma di militari, ti considerano un ingenuo o quanto meno un rompiscatole, uno di quelli che vogliono sostituirsi al loro lavoro, incominciarono a controbattere la mia opinione con le loro ipotesi, forse altrettanto plausibili ma con un inspiegabile assenza di dubbio e ripeto, con la differenza del fatto che il luogo in questione prendeva fuoco ogni anno e in maniera dolosa, un evento che di lì a poco si sarebbe nuovamente verificato.
Che dire? Sono uscito dalla caserma sconcertato, affranto, frustrato nel mio intento di cittadino volenteroso di fare la sua parte, ho gettato la torcia, quella che per loro altro non era che uno strumento per allenare i cani, l’ho buttata nel cassonetto di quell’edificio e me ne sono andato, sicuro del dover scrivere, prima o poi, quest’articolo. La mia sicurezza era fondata sulla costatazione che oramai i fuochi erano diventati ciclici a valle dell’Ammendola Formisano e sulle Lave Novelle, evidentemente in maniera tanto ripetitiva da non fare più notizia e da non turbare più di tanto chi dovrebbe vigilare sulla pubblica incolumità, non parliamo poi di chi ci amministra! La terra dei fuochi è anche qua, all’ombra del Vesuvio e anche qui si muore dei veleni che la nostra terra sta ormai assorbendo da anni e che ci vomita contro.
Ieri sera, sul calar del sole, una nuvola nera si levava da via Novelle, così era stato nelle sere precedenti e purtroppo così sarà in futuro; perché il problema c’è ed esiste, perché non lo si vuol risolvere e non per il fatto che sia di per sé insormontabile. Essere una cassandra non giova a nessuno ma allora cosa posso fare? Subire? Patire, oltre al fumo tossico e i miasmi del rifiuto in putrefazione, anche l’irrisoria ipocrisia di chi respira gli stessi veleni che respiro io? No! Non lo farò e fin quando avrò fiato in corpo manifesterò il mio disappunto verso uno stato delle cose che vede tutti colpevoli, cittadini e autorità.
I primi sversano i loro rifiuti per pigrizia, perché sono lavoratori abusivi, perché sono dei cittadini abusivi o perché sono semplicemente pagati per farlo. Poi gli danno fuoco, per nascondere le loro colpe o per cancellare le tracce del reato o semplicemente per ridurne il volume, non certo la pericolosità, che col fuoco aumenta.
Colpevoli sono anche le autorità, gli amministratori e le forze dell’ordine, che dietro al dito dell’altrui inciviltà non vigilano sul territorio e non fanno nulla, se non a parole o con cure palliative, non fanno niente per tutelare la salute pubblica e quel minimo di decenza che ognuno di noi meriterebbe per dire di vivere in un paese civile. Le autorità non agiscono e non lo fanno perché o sono incapaci di gestire la cosa pubblica o sono conniventi col sistema, dove chiudono gli occhi sugli scarichi abusivi per ragioni di elettorato, di interessi personali o per manifesta incompetenza in materia di smaltimento dei rifiuti e della raccolta differenziata.
I vigili del fuoco intervengono subito e mi dicono al cellulare che la strada la conoscono bene è zona conosciuta, il fuoco è divampato in più punti, segno del dolo e non della spontaneità voluta alla calura estiva, e a bruciare è soprattutto la spazzatura, a partire dalla strada verso l’argine che affaccia su Cava Montone. Tutt’attorno la vita scorre normale, come se niente fosse, secondo i dettami di quel fatalismo suicida che ci portiamo nei cromosomi e quella nuvola nera altro non è che una delle tante che scorrono il cielo e sulle vite dei vesuviani.