ESASPERATISMO. LOGOS & BIDONE. A NAPOLI LA TERZA TRIENNALE INTERNAZIONALE

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Il Castel dell”Ovo ospita fino al 3 marzo 2011 la Terza Triennale Internazionale del Movimento Artistico Culturale “Esasperatismo Logos & Bidone” fondato a Napoli nel 2000 dal Professor Adolfo Giuliani.

Importanti i numeri del Movimento: 110 opere esposte per 110 autori, 140.000 cartoline delle opere esposte, quattro collezioni per un totale di 500.000 cartoline, un libro presentato nel 2009 presso l’Istituto Italiano per gli studi Filosofici “Esasperatismo Logos & Bidone – Eventi – Documenti – Rassegna stampa – Testimonianze 2000-2009”, tre mostre internazionali, due riconoscimenti, il Bidone d’oro, assegnati alla cultura dal Movimento stesso (il primo all’Avv. Marotta, il secondo al Maestro De Simone).

La mostra, che ha avuto un grande richiamo di pubblico, espone le opere in ordine alfabetico, mostrando diverse interpretazioni del concetto del Bidone, che unisce tecniche, stili, sensibilità differenti.
Perché il bidone? Verrebbe subito da associarlo simbolicamente a ciò che va buttato via, in questa era di immondizie, come volersi scrollare da dosso un peso, un eccesso. Ed è proprio il fondatore del movimento, il Professore Adolfo Giuliani, a spiegarmi perché il bidone.

È un concetto successivo alla fondazione e al manifesto dell’Esasperatismo, neologismo che «denuncia i mali del mondo e il bidone, che è simbolo della sofferenza» una metafora nata dalla suggestione di una esperienza vissuta, quando, durante i lavori in Via Salvator Rosa, «un bidone veniva conteso come ferma posto per il parcheggio delle auto dagli automobilisti per non correre il rischio, tornando, di trovare al “proprio” posto un’altra auto. Al termine dei lavori quel bidone non serviva più a nessuno e venne abbandonato essendo diventato inutile, in quel momento il bidone fu metafora sull’uomo: conteso finché utile, abbandonato quando non più sfruttabile».

Simbolo quindi dell’umanità il bidone ma pur partendo da una simbologia così estrema, il movimento si slancia verso un profondo ottimismo, affondando le proprie radici nella consapevolezza del fallimento del concetto di sviluppo, dell’esasperato consumo che ha bruciato le energie umane e la natura, che ha reso la vita una continua ricerca della soddisfazione di bisogni materiali, immergendo l’uomo nella condizione di continua ricerca di beni incapaci di colmare ciò che c’è di più umano, il confronto con sé e con l’altro, con la natura, con la vita come stare al mondo. Il movimento contesta una esistenza che si è affermata come ricerca del progresso, una volontà di andare avanti che cancella il presente.

L’Esasperatismo è “il termine che riassume in sé il male e il malaffare dei nostri giorni e, nello stesso tempo, l’ipotesi, seppur lontana e vacillante, di un possibile ravvedimento”, nella definizione dell’Avvocato Marotta.
Nato nel 2000 da un malessere dello stare al mondo si apre ad una forte volontà di creare, dichiarazione di un volere diverso, di affermare bisogni dimenticati, ricerca radicale sull’uomo e la sua esperienza esistenziale. L’esistere. I tempo. Il sé. L’altro. La volontà di aprire una speranza diventa la forza aggregante del movimento.

In questo è ritrovabile, forse, la capacità di unire, di chiamare artisti diversi che aderiscono al movimento condividendo lo spazio di una mostra.
La cosa che forse più colpisce di questa operazione è la densità. Lo spazio ridotto tra un’opera e l’altra, accostate in ordine alfabetico, è molto ristretto creando nello spettatore una ridondanza del sentire. Quasi un affaticamento. Ma sicuramente un forte senso di energia.