Leggere i verbali del Consiglio comunale è imbarazzante. Ci sono risposte strane a quesiti seri, degne dello >humour di Groucho Marx. Di Carmine Cimmino
I verbali del consiglio comunale di Ottaviano sono come le sale di Tiffany, come la grotta di Alì Baba: qui lo scintillio delle pietre preziose, sciolte e incastonate, nei verbali lo sfolgorio dei paradossi, il fulgore improvviso di “capricci” linguistici. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo gli uffici del Comune vennero visitati dai ladri: che portarono via una decina di migliaia di euro, ammassate nel cassetto di una scrivania, e pacchi di carte d’identità ancora vergini, che il mercato clandestino paga parecchio.
Emanuele Ragosta, che sta interpretando il ruolo di consigliere comunale con lucido entusiasmo, cerca di capire: chiede lumi a chi li può dare, e nella seduta di consiglio del 13 aprile riferisce d’aver appreso dagli uffici competenti che “al momento non erano presenti sistemi di allarme“, sebbene in passato “avessero più volte sottolineato il fatto“. E dunque il consigliere interpella l’assessore alla sicurezza, che è anche assessore al patrimonio e al demanio: “vorrei sapere se l’assessore era a conoscenza di ciò, cioè che non c’era un sistema di allarme adeguato, e come intende muoversi per il futuro.”.
E l’assessore risponde: “Che non funzionasse il sistema d’allarme non lo sapevo“. La struttura del periodo crea attesa: chi legge si aspetta un rovesciamento della iniziale condizione di ignoranza: non sapevo nulla del sistema d’allarme, però avevamo predisposto un servizio di vigilanza rudimentale, che so, una diana di tagliole, campanacci sospesi nel buio, cocci di bottiglia, chiodi, vetro tritato, spaventapasseri, lenzuola acconciate come manti di fantasmi, o anche, perché no, un drappello di oche pronte a starnazzare al primo rumore sospetto, come le oche del Campidoglio. E invece l’ attesa viene delusa. L’assessore non sapeva. Punto e basta.
E dunque i funzionari a chi avevano comunicato che gli uffici erano indifesi? Perché la comunicazione non era arrivata all’assessore? I sistemi di allarme non ci sono affatto? oppure ci sono, ma non funzionano? o funzionano in maniera inadeguata? Non sappiamo: nessuno sa niente: non si sa nemmeno a chi competa l’obbligo di sapere. E poiché Emanuele Ragosta chiede come l’assessore intenda muoversi per il futuro, l’assessore risponde: “poi per il resto stiamo in discussione piena per risolvere il problema.“ In discussione piena: è una bella immagine. Mi ha ricordato un quadro di Guttuso, una riunione di comunisti, comunisti veri, in piedi, seduti, agitati, in una stanza piena di fumo, fumo di sigarette, fumo di cervelli in cui si forgiano idee, pennellate nervose, a onde, i rossi luccicanti, sulfurei.
Ma che c’è da dire intorno a un sistema d’allarme? Non basta una discussioncella di una mezza giornata, per risolvere il problema? Non si può adottare un provvedimento d’urgenza? Capisco: non c’è urgenza. Non c’è più nulla da proteggere. Rivolgo una domanda al sindaco dott. Iervolino. Tutti sapevano che il consigliere Ragosta interrogava e cercava risposte sulla visita notturna dei ladri. Non serviva il genio di Giolitti o di Andreotti per prevedere che nella seduta del consiglio comunale egli avrebbe “interpellato“ l’assessore competente. L’amministrazione ha avuto un mese per preparare una risposta adeguata. Se sia adeguata la risposta dell’assessore competente, lo si capisce dal tono di voce con cui il consigliere Ragosta ha detto il suo “Grazie“. E mi fermo qui.
All’assessore al demanio, al patrimonio e alla sicurezza, che è anche assessore alla cultura, dovrei rivolgere qualche domanda anche sul manifesto per il 25 aprile e sulla processione della SS. Croce, ma me ne è passata la voglia. Della festa di San Michele, della lettera che i “commercianti dell’area mercatale“ hanno indirizzato all’ amministrazione comunale, e di altre cose simpatiche, discuteremo in due, tre articoli che chiederò al direttore di pubblicare la settimana prossima. Frienno magnanno.
A proposito. Il sindaco dott. Iervolino farà cosa utile a un suo sostenitore – uno di quelli che inviano commenti ai giornali online riparandosi coraggiosissimamente dietro nomi di battaglia ( ?)- se confermerà che non frequentiamo gli stessi ristoranti e, soprattutto, che non voglio fare l’assessore alla cultura. Non ho il fisico del ruolo. In realtà voglio fare l’assessore ai lavori pubblici, con delega piena ai condoni edilizi.
Quando il nostro amico Carmine Ciniglio – amico del sindaco, amico mio – dirigeva la Ginestra, mi pubblicò un pezzo in cui sostenevo che il principio arcano della nostra storia è questo: gli Ottavianesi, nelle virtù e nei vizi, non conoscono le mezze misure. Gli Ottavianesi stupidi sono pochi: ma questi pochi incarnano una stupidità che è perfetta e tetragona.
(Quadro di Jacques Volaire (o Pietro Fabris): Il Palazzo Medici di Ottajano, 1777)