Ottaviano, Chiesa dell’ Oratorio: la bellezza straniante della Mostra “Il pargolo divino”

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L’ immagine del Bambino Gesù nelle collezioni private ottavianesi (grafica e scultura, secc.XVIII-XX): è una Mostra di grande rilievo culturale, allestita in una “ cornice” che ne esalta significato e valore da Umberto Maggio e da Mimmo Tuccillo.

 L’idea della Mostra “ Il pargolo divino” , l’iconografia del Bambino Gesù nelle opere delle collezioni private ottavianesi, non poteva venire  che a loro, a Umberto Maggio e a Mimmo Tuccillo, ottavianesi eccellenti, entrambi interpreti originali, in campi diversi, di quella raffinatezza di gusto  che è un segno storico della civiltà vesuviana.  Ed era giusto che la Mostra venisse allestita nella Chiesa dell’ Oratorio, che, grazie al saggio governo del dott. Francesco Annunziata, priore della Congrega “S.Maria Visitapoveri”, è ormai al centro di un programma culturale di vasto respiro, sintesi di valori religiosi e di valori civili. La bellezza e il significato  delle opere esposte in mostra – la grafica e la scultura di tre secoli, dal sec.XVIII al sec.XX – vengono esaltati dalle suggestioni  dettate dai luoghi: a conferma di una verità inconfutabile, che “la cornice” accresce il valore del “quadro”.

Preziosa cornice è la strada su cui si affaccia l’ Oratorio. Essa congiunge il Palazzo Medici e piazza San Michele con la pianura. E’ la strada storica per eccellenza, il “cardo” della Terra Vecchia di Ottajano, che Giovanni Perillo lastricò con basoli di spuma nel 1738, quando quasi tutte le strade delle altre città della provincia erano  ancora in terra battuta. I muri  solidi dei palazzi antichi, i silenzi severi, i ricami dei balconi, le ombre che resistono alla luce, la memoria dei cognomi storici di Ottajano – cognomi di “galantuomini”, di artigiani, di contadini – ricordano ancora, a chi sa ascoltare, a chi vuole capire, che lo spirito degli ottajanesi amava la riservatezza e disprezzava le chiacchiere rumorose dei “trianfarò” e dei “farinelli”. Le pietre di questa strada sono un libro di storia.

E poi la Chiesa, l’ Oratorio per le anime purganti, la cripta in cui venivano sepolti i confratelli, lo scolatoio per il prosciugamento dei cadaveri. In questo luogo, intorno alle immagini della morte si annodano il sacro e il profano, e si combatte una silenziosa battaglia tra i colori del lutto e della penitenza, da una parte, e dall’altra, i rossi squillanti, le tinte “ranciate” e gli azzurri, usati come simbolo della vitalità, come talismano contro il disfacimento dei corpi.

In questo spazio fascinoso i curatori della mostra hanno disposto le immagini e le statue del “ divino pargolo”, che gli Ottavianesi, storicamente gelosi delle loro collezioni d’arte, hanno fatto uscire dalle loro case, certamente per una testimonianza d’amore nei confronti della città,  e forse anche per spiegare, a chi non sa, qual è la storia dello stile ottajanese. E dunque la Mostra è un intreccio di temi:  la potenza di certe famiglie,  il costume sociale, l’abilità degli artisti  che hanno lavorato la pietra, il gesso, la cera, l’argento, l’oro e la seta , e poi la  varietà del disegno e  il connubio tra i valori della religione e i ritmi della vita famigliare. Al centro c’è, ovviamente, il “pargolo divino”, luminoso, florido, paffuto,  visto dall’artista  secondo una prospettiva “straniante” che attribuisce al “divino” i caratteri dell’umano,  della realtà temporale, della dimensione del quotidiano. Il “pargolo divino” è, contemporaneamente, il  Bambino Gesù ed è il bambino che ogni donna sognava di partorire, in tempi in cui era assai alta la mortalità dei neonati: e infatti questi “divini pargoli” venivano anche donati come segni di augurio propizio alle “fresche” spose. Il “ divino pargolo” che aveva l’aspetto, la posa, lo sguardo e i gesti di un ben nutrito bambino “borghese” entrava a far parte della famiglia, ne illuminava con il suo sorriso le vicende, e dalla campana di vetro che di solito lo proteggeva invitava alla speranza.

Umberto Maggio, Mimmo Tuccillo, Francesco Annunziata e tutti coloro che hanno contribuito all’allestimento di questa notevole Mostra meritano il grazie della comunità: hanno acceso una luce, ci invitano a riflettere, a guardarci indietro, ad annodare i fili che si sono spezzati, nel caso che sia ancora possibile farlo. A chi voglia costruire cultura essi indicano  la strada, la direzione e i materiali preziosi di cui Ottaviano e il Vesuviano dispongono. Mi auguro che Umberto, Mimmo e Francesco vogliano svelarci altri tesori del nostro patrimonio:  confesso che questi umanissimi “ pargoli divini” che da secoli sono ospiti nelle case della nostra città mi spingono a riconsiderare in una prospettiva nuova aspetti importanti della cultura religiosa del territorio e della storia di Ottaviano.

Un’ultima nota. La Chiesa dell’Oratorio custodisce una rara reliquia del fieno della greppia di Betlemme, e le bolla del 1792  in cui Francesco Saverio Passaro, arcivescovo di Larissa, ne garantiva l’autenticità. L’argomento merita un articolo a parte.