La festa delle Lucerne rischia di non avere un futuro

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giovani che allestiscono i vicoli

L’imponente riuscita dell’evento ha messo sul tappeto il bisogno di cambiare. Occorre subito un progetto.

 

É stata la Festa dei giovani, una specie di Festa movida. Hanno trionfato i giovani ed i telefonini nell’ultima edizione della Festa delle lucerne che ho avuto la possibilità di vivere intensamente, insieme agli amici di una vita. I giovani del comitato sono stati i protagonisti assoluti ed hanno trascinato tutti con il loro entusiasmo. Hanno lavorato senza risparmio per poter far riuscire al meglio un evento, orgoglio della comunità.

E giovane è stato il pubblico, affluito in maniera massiccia, come non si era mai visto fino ad ora. Quando si ha una partecipazione così caratterizzata è quasi normale che vengano messe in atto misure di sicurezza tipiche delle zone in cui si creano grandi assembramenti giovanili: divieto di asporto di bibite in contenitori di vetro e divieto di consumo di alcolici dopo le ore 23. Per alcuni tratti mi è sembrato di stare a Ponte Milvio o al Pantheon, dove queste regole esistono di anni. Siccome, però, siamo a Somma Vesuviana e non nel centro di Roma si sono aggiunti i venditori ambulanti abusivi. Quelli che hanno almeno 7 figli da sfamare e reclamano, al di là di ogni regola, il diritto di esercitare la professione perché “Tutti dobbiamo campare”.

Non si sono tirati indietro improvvisati venditori di strada locali ed è stato quasi normale la deregulation e lo “scontrino selvaggio”. La Festa ha messo in luce, però, alcuni aspetti che andrebbero analizzati. I cittadini ed i commercianti del Casamale hanno mostrato garbo e stile nel decoro e nella presentazione dei prodotti merceologici e dei progetti culturali. La bottega dello stocco, l’angolo delle granite, i negozietti improvvisati, lo spazio degli agricoltori con Legambiente, i “puosti”, il bar, le macellerie, le locande ed anche qualche installazione abusiva si sono mostrati con una maestria tipica degli esercizi attraversati dal turismo dotto e di qualità. Ci sono stati, però, diversi paradossi. Si accendevano le lucerne ed automaticamente saliva la tensione degli organizzatori, degli amministratori delle forze dell’ordine e dei volontari.

Tutto sembrava bellissimo fino a quando c’era la luce del giorno a rischiarare cose e persone. Di sera svaniva l’incanto. L’improvvisazione e la disorganizzazione hanno reso l’attraversamento e la visita dei vicoli illuminati un percorso di guerra. Ho sentito una signora con il viso spiritato ed i capelli sudati esclamare dopo l’ approdo ad una postazione sicura: «É finito un incubo». I Casamalisti hanno nel loro Dna il gene dell’accoglienza e non possono trattare gli ospiti in questo modo. I nostri genitori non l’avrebbero permesso. Abbiamo costretto migliaia di persone a buttarsi in un carnaio, congestionato ai limiti del concepibile con tutti i pericoli che ne conseguono. Per non parlare della mancanza di informazioni sul luogo della Festa o sulla viabilità che hanno costretto migliaia di visitatori ad aggirarsi disperati alla ricerca della meta.

Alla fine i napoletani se la cavano sempre e credo che quasi tutti siano arrivati, ma quello che è successo non è da contesto civile. L’amministrazione comunale, con il sindaco Pasquale Piccolo in testa, ci hanno messo tanta buona volontà ed hanno fatto quello che hanno potuto. Il sindaco ci è stato sempre vicino ed ha partecipato anche emotivamente. Di più non era possibile aspettarsi. Spero che con l’esperienza e anche qualche paura vissute possano cominciare a far capire lo spirito della Festa. Ottimo comunque l’impegno delle Forze dell’ordine, della Polizia locale, della Croce rossa, dei dipendenti comunali e dei volontari. L’esperienza di questa edizione della Festa ci ha insegnato che occorre dare una prospettiva. E questo è un altro paradosso.

Una Festa che proprio sulla profondità geometrica e sull’organizzazione prospettica fonda la sapienza antica, essa stessa non ha una prospettiva. Ho sentito molti dirigenti esclamare che per questa manifestazione “non si prevedono sviluppi” o che “è ancora troppo presto per cambiare” o addirittura “meglio che non si faccia più”. Io credo invece il contrario. Nonostante la grande confusione il Casamale ha dimostrato di essere all’altezza di un vero progetto di cambiamento. La Feste delle Lucerne può essere un volano, ma non solo. Ci vuole l’impegno di gruppi e di associazione e dell’Arci soprattutto.

Anche il sindaco sembra entusiasta di un progetto di sviluppo. E allora cosa si aspetta? I giovani con la stessa foga e l’impeto mostrato per l’organizzazione dell’evento mettano in campo progetti ed idee per risolvere le contraddizioni. La Festa è l’espressione partecipata di un popolo che ha gridato ai quattro venti la ferma volontà di cambiare.