Bartolo Longo a Pompei, il ricovero per i figli dei carcerati

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Nell’autunno del 1872 un pugliese di nome Bartolo Longo (1841-1926) visitò la valle di Pompei per motivi professionali e rimase profondamente impressionato dalla miseria umana e religiosa di quei poveri contadini. Nel 1876 l’inizio della costruzione di quel Santuario, che sarebbe divenuto uno dei maggiori centri di devozione mariana nel mondo, e nel 1892  la fondazione di un’opera per i figli dei carcerati.

Valle di Pompei, in provincia di Napoli, era un piccolo villaggio a pochi passi dai resti dell’antica e famosa città romana, con una piccola chiesa – intitolata al SS. mo Salvatore –  in condizioni precarie che fungeva da parrocchia. Il paese non aveva né scuola, né autorità. Nell’autunno del 1872 un pugliese di nome Bartolo Longo (1841-1926) visitò quei luoghi per motivi professionali e rimase profondamente impressionato dalla miseria umana e religiosa di quei poveri contadini. Un giorno, vagando per quei campi, in contrada Arpaia, Bartolo sentì una voce misteriosa che gli diceva: Se propaghi il Rosario, sarai salvo! Decise allora di dedicarsi totalmente alla catechesi e alla diffusione del Santo Rosario, impegnandosi inizialmente a istituire una confraternita sotto tal nome allo scopo di perseguire opere di bene e di pietà. Da quell’anno l’avvocato iniziò il suo apostolato. Fu agli inizi del 1876 che Bartolo Longo, su suggerimento del Vescovo di Nola, Giuseppe Formisano (1855-1890), iniziò la campagna di uno stipendio mensile per la costruzione di quel Santuario, che sarebbe divenuto uno dei maggiori centri di devozione mariana nel mondo. L’otto maggio 1876 fu posta la prima pietra per la costruzione e il 6 maggio 1891, finalmente, la consacrazione alla presenza di numerosi fedeli. Due settimane più tardi Bartolo Longo iniziò nuovamente a lanciare un appello ai devoti della Madonna e agli uomini di buona volontà di tutto il mondo per la fondazione, stavolta,  di un’opera per i figli dei carcerati. L’ Istituto doveva avere per missione e finalità l’educazione e la rigenerazione dei poveri figli dei carcerati.  Il 29 maggio 1892 fu collocata la prima pietra, che fu benedetta nell’occasione da Papa Leone XIII. L’iniziativa fu subito salutata con telegrammi di affettuosa ammirazione dalla Prima Dama d’Italia, Regina Margherita di Savoia, e dai Ministri del Regno. La nuova Opera educava l’innocente figliuolo della colpa e gli procurava, grazie ad un’arte e ad un mestiere, i mezzi per la sua onesta esistenza. Il primo ospite fu il figlio di un carcerato calabrese che sarebbe diventato in seguito un sacerdote affermato. Fu una grande impresa, combattuta dalla cultura positivista del tempo, che non riconosceva l’educabilità del figlio del delinquente. L’ospizio, sotto il profilo pedagogico, fu la più importante delle istituzioni dell’epoca. Bartolo Longo non pensava solo a rinchiudere i ragazzi in un istituto, ma mirava anche alla redenzione dei genitori delinquenti, fornendo ai loro figli una sana e completa educazione civile e religiosa, una vita uguale a quella di tutti gli altri fanciulli, una dignità rispettata. E subito, oggi,  il nostro pensiero corre alle parole di Pio XII, alla Pacem in terris di Giovanni XXIII, alla Populorum progressio di Paolo VI, e alle varie encicliche di Giovanni Paolo II.  Il Ricovero, nato sotto i più splendidi auspici, richiamò subito l’attenzione benevola e il concorso di tanti Municipi Italiani.  Le amministrazioni cittadine, in particolare quelle intorno al  Vesuvio,   manifestarono tutte un forte entusiasmo per quest’opera definita miracolo di fede e di civiltà, deliberando di partecipare all’Avvocato Bartolo Longo un voto di plauso e di concedere modesti sussidi prelevati dai loro bilanci comunali. Più tardi, nel 1922, iniziò anche l’attività dell’ospizio delle figlie dei carcerati con il ricovero delle prime quindici ragazze. L’edificio sarà inaugurato solo più tardi, nel 1926, a tredici giorni dalla morte di Bartolo Longo, avvenuta il 5 ottobre 1926. Vedere oggi il Santuario e attorno tutte le opere di carità, costruiti partendo dal nulla, con un soldo al mese, fa toccare con mano la veridicità del messaggio d’amore che Dio attraverso la Vergine Maria ha dato a Bartolo Longo, non solo per se stesso, ma per tutti noi. Il suo messaggio fondamentale che univa fede e carità è oggi attualissimo. Le sue opere, rinnovate nelle modalità e nelle strutture, dopo 130 anni continuano ad essere oasi di speranza per bambini a rischio, ragazze madri, adolescenti con problemi, poveri, anziane, ex tossicodipendenti, diversamente abili, migranti e cosi via. Il nostro augurio è che la Chiesa, al più presto, lo innalzi definitivamente agli onori degli altari