PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO. INTERVISTA AL PRESIDENTE, UGO LEONE

0
404

Dopo aver sentito il Direttore del Parco e il rappresentante dei Comuni vesuviani, è la volta del Presidente del Parco Nazionale del Vesuvio, il prof. Ugo Leone. L”obiettivo è conoscere meglio una preziosa realtà ma distante dai cittadini.

Concludiamo, almeno temporaneamente il nostro breve ma intenso excursus nell”ambito del Parco Nazionale del Vesuvio. Abbiamo, in questi mesi, intervistato il Direttore, Matteo Rinaldi, il rappresentante dei comuni vesuviani, Giuseppe Capasso, e infine, chiudendo il cerchio, ci siamo intrattenuti col prof. Ugo Leone che, in carica dal 2008, presiede l”ente che tutela l”importante sito naturalistico.

L”idea di queste interviste, è stata quella di un”analisi, per niente definitiva, della realtà vesuviana, fin troppo distante dai suoi attori principali, i cittadini, che in realtà sembrano subire passivamente l”ingombrante presenza del Vesuvio senza comprenderne il valore e le potenzialità.
Ecco perchè abbiamo in questi mesi interpellato gli elementi più rappresentativi del Parco Nazionale, per chieder conto di ciò che il parco è, voleva essere e sarà.

Signor presidente, come lei già saprà il Mediano.it è da tempo un attento osservatore del Vesuviano e ovviamente del Vulcano che lo rappresenta e che ne segna profilo e destino. Abbiamo più volte messo in risalto pregi e difetti di un”area ad alto valore naturale, storico e paesaggistico ma anche dai forti contrasti e dai troppi attacchi alla sua integrità. Da un lato abbiamo il Parco con la sua tutela dell”ambiente, dall”altro una comunità che non comprende a pieno le potenzialità del territorio in cui vive e che del quale ne è spesso il primo detrattore.
“Il Parco rappresenta sul territorio una presenza che non è opportunamente compresa. Non è conosciuta dai cittadini dei 13 comuni che lo compongono e che ne sono i protagonisti attivi e i destinatari di tutte le nostre azioni. Se noi facciamo qualcosa, se accediamo (con grande difficoltà) a dei finanziamenti, non ne viene niente al parco in quanto tale ma alla comunità che esso rappresenta, cioè all”insieme dei 13 comuni. Se intanto è stato possibile, oggi come in passato, per questi ottenere concrete realizzazioni infrastrutturali lo è stato per l”opera d”intermediazione del Parco stesso.

Esso è il soggetto unico che può accedere ai fondi e trasferirli ai comuni direttamente, affinchè essi realizzino progetti come sta avvenendo attualmente per il progetto PIRAP di integrazione rurale delle aree protette. In assenza del parco tutto questo non potrebbe avvenire quindi risulta essere una presenza importante, non fosse altro per questi obiettivi per così dire materiali. Il Parco ha anche un compito istituzionale quello di tutelare la biodiversità naturale. Ho sempre sostenuto in questi quasi due anni di presidenza, così come nel mio primo incarico (il Presidente Leone è stato il primo presidente del Parco Nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995 ndr), che un approccio moderno alla protezione deve tener conto innanzi tutto e come istituzionalmente previsto, della protezione della natura, ma parallelamente e non di minore importanza della protezione delle persone, di quella che io chiamo la biodiversità culturale.

Intendendo con questa i cittadini, i quali non devono vedere nel rispetto dell”ambiente, tipico di un parco naturale, un vincolo, non come costrizione ma come occasione di sviluppo. Questo non è una pigro slogan ma una realtà concreta. Il Parco è il mezzo per accedere a quei finanziamenti per il rilancio e la riscoperta di quel patrimonio di tradizioni, di storia, di cultura che confluiscono in manifestazioni come l”artigianato, l”enogastronomia, il folclore, cioè tutte manifestazioni a impatto zero per l”ambiente e di grande rilievo per quanto concerne il rientro socio-economico. Deve esserci consapevolezza di questo, non tutti però accettano questa presenza, taluni la considerano un ostacolo. Di recente ho letto delle dichiarazioni che vedono il Parco come un ostacolo allo sviluppo turistico, non è vero!

Lo stesso PIRAP, ad esempio, va incontro al turismo rurale, se poi, quando si parla di turismo, ognuno vuol fare quel che gli pare, allora è ovvio che il parco è un ostacolo. Se invece si vuole puntare su quello che viene definito turismo sostenibile, parola a volte abusata, ma che rende ancora bene il concetto di un”azione turistica che permette di soddisfare oggi le esigenze dei visitatori senza privare di un analogo soddisfacimento chi verrà dopo”.

Tutto ciò è sacrosanto ed è opportuno che tutti quanti ragionassero in questi termini, dal primo all”ultimo cittadino, ma nella vita di tutti i giorni si riscontra una realtà ben diversa da quella da lei auspicata. Il comune cittadino non vede altro nell”ambiente che un qualcosa di quantificabile esclusivamente ai fini utilitaristici. Come vi rapportate con questa dura realtà?
“Questo è vero e c”è una responsabilità da parte del Parco. È vero perchè esiste un”ignoranza, intesa nel senso più genuino della parola, sull”esistenza del Parco, non tutti sanno di vivere in un area naturale protetta e di poterne trarre un vantaggio da questa presenza. Quelli che sanno e che ritengono di non trarne un vantaggio, perchè non gliene viene niente immediatamente, per così dire, non si rendono conto che il vantaggio è sì immateriale, ma dalla forte ricaduta nello sviluppo socio-economico del comune, che se ben amministrato offrirà dei benefici, più o meno immediati anche ai cittadini. La colpa del Parco sta nel fatto che non ha saputo ancora affermarsi nella coscienza dei cittadini con la sua presenza, va quindi migliorata e incrementata la comunicazione, bisogna far sapere che si esiste come dei collaboratori e non come ostacoli agli interessi dei cittadini, che per altro non sono sempre legittimi.

Ci sono interessi che vanno esaltati e soddisfatti, altri frustrati e bloccati, fra questi spiccano due tipi di abusivismo che hanno caratterizzato storicamente quest”area, l”abusivismo edilizio e quello dello sversamento abusivo dei rifiuti. L”abusivismo edilizio certamente ha trovato e trova nel Parco un ostacolo. Noi abbiamo provveduto e così chi c”era prima di me ad una serie di abbattimenti, rappresentativi della volontà del parco a bloccare l”abuso. 32 abbattimenti realizzati fino al 2005, questo costituisce un deterrente, chi volesse tuttora costruire, il suo bene non potrà mai essere condonato e corre il rischio di essere abbattuto. Abbiamo, a tal proposito, vista anche l”intrinseca difficoltà a censire gli abusi, sottoscritto un protocollo d”intesa con l”Assessorato all”Urbanistica della Regione Campania, dove si prevede la nostra fornitura di notizie per il piano degli abbattimenti, ogni sei mesi e loro materialmente provvederanno all”abbattimento. L”altro abuso storico dell”area è quello dello sversamento dei rifiuti.

È avvenuto di tutto, è stato sversato di tutto, in discariche evidentemente abusive, e questo è un problema che il Parco ha ereditato sin dalla sua istituzione nel 1995 e per questo bisogna procedere con un opera di bonifica, che risulta essere particolarmente delicata, complessa e costosa. Il paradosso di tutto questo è che, mentre si dice che in passato si sono sversati abusivamente rifiuti tossici e nocivi, lo stato, massimo tutore della legalità, in deroga a tutte le leggi, con un decreto del maggio 2008, ha consentito che in una cava nel territorio di Terzigno (e del ParcoNazionale ndr) fosse allestita una discarica. Noi del Parco ci siamo fieramente opposti e con tutti gli strumenti a nostra disposizione. Abbiamo per esempio partecipato alla conferenza dei servizi, convocata affinchè tutti i soggetti interessati si esprimessero. Ci siamo espressi negativamente solo noi, la Sovrintendenza ai Monumenti e i comuni di Boscoreale e Boscotrecase, altri si sono espressi positivamente come lo stesso comune di Terzigno, molti non hanno partecipato, e la loro assenza è stata interpretata come un silenzio assenso, di conseguenza, a maggioranza, la conferenza dei servizi è risultata essersi è espressa positivamente.

Io proposi subito un ricorso al TAR e all”Unione Europea ma è poi risultato improponibile e dovemmo accettare passivamente la situazione. Abbiamo però dedotto che per trasportare i rifiuti nella discarica bisognava non solo attraversare le strade del Parco ma addirittura ampliarle o costruirne di nuove e questo è improponibile. Non solo, tutto ciò non era previsto nel decreto che mirava all”apertura della discarica. Abbiamo immediatamente fatto ricorso al TAR che la settimana scorsa si è espresso positivamente e ci ha chiesto delle delucidazioni che gli sono state date il 2 dicembre scorso. Abbiamo fiducia che il ricorso sia accolto, mettendo in seria difficoltà lo scarico dei rifiuti e quindi l”utilizzo della stessa discarica nonchè scongiurando il pericolo dell”apertura di un”altra discarica contigua a quella di Pozzelle”.

Le deroghe alla legge sui parchi e le aree protette (Legge 6 dicembre 1991, n. 394) e la conseguente apertura della discarica di Terzigno hanno dato un”ulteriore spallata alla credibilità della tutela ambientale e reso ancor più difficile l”azione del Parco che già resisteva, a mo” di Fort Apache, in un contesto, quello napoletano, non propriamente dei più facili e propensi all”ambientalismo. Qual è la strada intrapresa dall”Ente Parco e quali saranno le future prospettive per il nostro Vulcano?
“Io non ho mai criminalizzato le discariche, che sono un passaggio obbligato per il completamento del ciclo dei rifiuti, il problema è quello che ci si mette dentro! Terzigno è un problema perchè ci si mette dentro di tutto vi si sversa il “talquale” dove è presente l””umido” e questo genera il percolato. Di recente ho avuto polemica con Bertolaso su questo problema, il sottosegretario e commissario per l”emergenza rifiuti affermava in un recente sopralluogo sulla discarica vesuviana che questa era in regola perchè su di essa non volavano i gabbiani.

Evidentemente non ci sono perchè la puzza è tale da allontanare perfino loro! Io non sono andato personalmente a sentire questa puzza, ma alcuni produttori locali mi hanno detto che ne ricavano un danno economico notevole, i viticoltori non hanno raccolto e quindi non vinificano, c”è poi un”industria alimentare di rilievo nazionale che produce frutta candita e che ha visto ridotte di 300.000 euro le sue commesse con la Germania a causa dell”impatto mediatico e qualitativo sui prodotti”.

Non le sembrano le ultime azioni governative, e in particolar modo il paventato riordino della normativa sui parchi, propensi a mortificare, se non delegittimare, quell”ambientalismo che, seppur in ritardo rispetto ad altri paesi occidentali, era riuscito a costruirsi uno spazio nel cuore e nella mente degli italiani?
“Questa legge di ridimensionamento dei parchi parte da una considerazione ovvero quella dell”identificazione di questi quali enti inutili e di conseguenza ne prevedeva la chiusura di tutti quelli al di sotto dei 50 dipendenti, questo rischio è stato sventato. Però poichè si vuol far cassa risparmiando nelle spese, il ruolo dei parchi viene in qualche modo ridimensionato da una proposta di legge, che, verosimilmente, diverrà legge intervenendo sugli organi direttivi e presidenziali, riducendone la consistenza quantitativa.

Le giunte vengono abolite, i consigli direttivi passano da 12 a 8 membri, ma quello che è importante e sottile in questa logica di ridimensionamento è che in questa riduzione vengono ridotte quantitativamente le rappresentanze delle associazioni ambientaliste, quelle dei comuni, ma non quelle del ministero dell”ambiente e dell”agricoltura (un rappresentante invece di due per le associazioni ambientaliste, uno invece di due per l”accademia, cioè CNR, università etc., tre invece di cinque per i comuni, mentre rimangono inalterate le due rappresentanze del ministero dell”ambiente e quella del dicastero dell”agricoltura). Un”azione di forte controtendenza rispetto ad un contesto internazionale che cerca di uscire dalla crisi economica planetaria anche con la cosiddetta “green economy”. Nel nostro paese, da questo punto di vista, c”è tanto da fare, basti pensare alla ristrutturazione idrogeologica dell”Appennino, che passa anche per il rimboschimento, ma anche la sua sistemazione antisismica, e le recenti sciagure ci dimostrano quanto sia vero e necessario agire in tal senso”.

Non crede che il cattivo esempio di talune autorità locali, vedi la decisione del sindaco di Ercolano di stoccare i rifiuti della “passata” crisi entro i confini del parco, possa risultare un pericoloso precedente e un cattivo esempio verso quei cittadini recalcitranti a un corretto smaltimento dei rifiuti?
“Sì l”Ammendola-Formisano, adibita a sito di stoccaggio è stata motivo di “lite” tra l”Ente Parco e il comune di Ercolano, pur nell”esistenza di ottimi rapporti tra i due enti e tra me e il sindaco. Ognuna delle due istituzioni ha dei compiti, il Parco vigila perchè al suo interno non avvengano cose contrarie alla sua filosofia, mentre dall”altro lato il comune deve cercare di liberare il suolo dai rifiuti che stazionano per le vie cittadine. Noi non lo potevamo consentire e ci opponemmo. Nei fatti il comune di Ercolano ha trovato dove buttare i rifiuti e la cosa si è risolta. Resta il problema, lì come altrove, della bonifica”.

Allora non saranno più sversati i rifiuti in quel sito?
“No però quelli che ci stanno dovranno essere rimossi”

È un problema che dovrà essere risolto anche perchè oltre ai vecchi sversamenti, nello stesso luogo e dalla restaurata stazione Cook dovrà partire l”annunciato “trenino rosso”, quindi, in vista della riqualificazione del posto, mal s”addice tale ingombrante presenza.
“Sì, spererei che la cosa avvenisse prima, ma nel momento in cui partirà, e non sarà lontana (probabilmente tra qualche mese) la cantierizzazione del percorso del trenino, la riqualificazione dell”area passa inevitabilmente verso la bonifica di questi siti ed è realisticamente auspicabile che si risolva quel problema”.

Infine presidente, proprio in relazione a quest”ultima problematica, circa un anno fa, sempre sulle pagine del nostro giornale, fu sollevata una polemica da un nostro lettore, che ventilava una sua applicazione della logica dei due pesi e delle due misure per la questione delle discariche vesuviane, giustificandole durante il governo Prodi e invertendo la tendenza col cambio di esecutivo. Può finalmente dare una risposta definitiva, per chiudere la questione?
“Con la mia prima presidenza (1995-96) fu nominato il primo commissario per i rifiuti in Campania, il prefetto Romano se ben ricordo, con l”istituzione del Parco nel giugno del “95 ereditammo due grossi problemi, quello della funicolare e della discarica di Terzigno. Quando si presentò il problema della discarica, io, non mi feci scrupolo (quindi la dico chiaramente la mia posizione, allora come oggi!) di istaurare una trattativa con il prefetto commissario e con il direttore generale del ministero dell”ambiente Mascarzini, nella quale mi si chiedeva i riempire di rifiuti questa cavità per due anni, dandomi in cambio royalties da dividere con il comune di Terzigno, e la bonifica di tutti i siti contaminati rientranti nell”area del Parco. Ma quali rifiuti? Quelli inerti!

Questi erano i termini dell”accordo che io non mi vergognavo, come presidente del Parco di contrattare. Perchè è mia opinione che una discarica non vada criminalizzata, perchè va giudicata per quello che è, per quel che ci si mette dentro, se ci mettiamo dentro degli “inerti” il Parco ne ricava un utile e la bonifica delle aree contaminate. Ma ero il solo nel consiglio direttivo dell”epoca ad avere questa posizione e quindi non la potetti portare avanti, forse, se le cose fossero andate diversamente oggi avremmo avuto la discarica colmata e le aree bonificate. Forse peccherò di ingenuità ma a quei tempi la cosa mi sembrava realizzabile anche in un”area protetta. Oggi cosa accade, la cava viene riempita di “talquale”, il Parco non viene assolutamente interpellato, l”unico interlocutore è stato il Comune di Terzigno che ne ricava utili”.

Questa sua posizione è fondata sulla pragmatica o va oltre la contingenza?
“La fondo su un principio, in un parco naturale come quello del Vesuvio, dove vivono centinaia di migliaia di persone non si può pretendere che tutto ciò che essi di negativo fanno si riversi sugli altri. I cittadini dei parchi sono come gli altri produttori di rifiuti, possono quindi pretendere che i loro rifiuti vengano smaltiti altrove? In teoria no, devono essere smaltiti all”interno del parco, ma, in modo virtuoso. Questo è il principio che cerco di esprimere”.

Ancora una perplessità Presidente, io, da comune cittadino, sensibile alle tematiche ecologiche, immagino un parco nazionale come la massima realizzazione di un”area protetta e quindi integro dal punto di vista ambientale, al di là dei problemi che possono circondarlo come anche la crisi dei rifiuti, che sembra non aver ancora visto una fine.
“In effetti non è stato risolto nulla, non hanno fatto altro che gettare la polvere sotto al tappeto”.

Ma le dicevo è l”emergenza che le fa prospettare questa cosa o lei, data la forte antropizzazione del territorio, giustifica l”esistenza di una discarica nel Parco?
“No! Non la giustifico più la presenza di una discarica, per le modalità di realizzazione e per il rischio che si passi alla cavità vicina. Il Parco può però dare un aiuto alla risoluzione parziale del problema dei rifiuti anche con la costruzione di impianti di compostaggio liberando i comuni da una presenza ingombrante e onerosa (circa il 30% del totale prodotto), dando dimostrazione che il Parco è propositivo e non sa solo dire no”.

Articoli correlati:

IL PARCO VINCE IL RICORSO

L”INTERVISTA AL DIRETTORE DEL PARCO

IL RAPPRESENTANTE DEI COMUNI VESUVIANI