La prima intervista rilasciata dal Direttore dell”Ente Parco, Rino Esposito. Lo stato delle cose ma anche i suoi proponimenti per il futuro del nostro Parco.
È un giovedì pomeriggio di un mese di un gennaio mediterraneo, così almeno per il momento, anche se il gelo non manca attorno al Parco. Mai come ora, la distanza tra l’ente e le comunità che lo circondano era stata tanto ampia. Un duro lavoro spetta al nuovo Direttore. Abbiamo parlato anche di questo con lui, Rino Esposito (foto), per cercare di capire se esista una strada comune da seguire, per il bene del Parco e delle persone che lo abitano.
Direttore, innanzitutto qual è il suo excursus professionale, si presenti ai lettori.
«Io sono un ambientalista di vecchia data, nel senso che ho cominciato nel 1978 a fare il volontario nel WWF, poi nella LIPU per la quale, fino a un mese fa, ho ricoperto degli incarichi. Mi sono occupato di aree protette, della tutela degli animali, di bracconaggio, di vigilanza volontaria; quest’attività mi ha accompagnato fino ad oggi. La mia formazione è giuridica, sono abilitato alla professione di avvocato. Sono stato anche guardiaparco in una riserva regionale del Lazio, la Riserva Naturale di Monterano, vicino al lago di Bracciano, nel Viterbese, dove svolgevo i compiti di vigilanza … il guardiaparco, una figura un po’ romantica …».
… Perché qui non ce ne sono? Ne avremmo bisogno!
«Qui la figura di guardiaparco non è prevista …».
Nel Parco Nazionale d’Abruzzo c’è!
«Nei Parchi storici come quello d’Abruzzo e il Gran Paradiso sì, sono previsti, mentre per tutti gli altri parchi più recenti la vigilanza è affidata al Corpo Forestale dello Stato, al CTA il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente».
Lì invece, nel Lazio è prevista tale figura …
«Sì. Nei Parchi Regionali campani invece, di guardiaparco non ce ne sono …».
Ci si affida solo al volontariato!
«… sì, in molte altre regioni si è legiferato in materia di vigilanza, anche se il guardiaparco non ha solo un ruolo di vigilanza ma anche di educazione ambientale, di guida, fa attività antincendio, i piccoli lavori di manutenzione, una figura poliedrica. Dopo, sono passato, sempre per la regione Lazio ad altre mansioni, di tipo giuridico-amministrativo. Il mio ultimo lavoro è stato presso la Polizia Provinciale di Napoli, per la tutela ambientale. Sono passato da un tipo attività sul campo a una di polizia tout court. E poi fare attività di polizia a Napoli non è come farla magari a L’Aquila, le problematiche sono diverse, spesso legate ai rifiuti, ho infatti fatto parte di un nucleo investigativo che svolgeva indagini con le tre Procure della Repubblica del circondario di Napoli, operando sostanzialmente in materia di rifiuti. Poi, sono passato al Parco …».
Da quando?
«Dal primo dicembre. Un coronamento di questa mia carriera, ma anche una grande responsabilità».
Cos’ha trovato il primo dicembre, qual è la situazione del Parco?
«Ho trovato innanzitutto un personale eccellente! Perché l’Ente Parco del Vesuvio ha 15 dipendenti, che svolgono il loro lavoro come se fosse una specie di missione! Per preparazione e passione, sentono di dare il loro servizio per il territorio e questa è una cosa che mi ha colpito molto. Poi ci sono i problemi, che sono tanti; l’Ente Parco è un ente pubblico non economico, con finanziamenti ridotti all’osso ma le incombenze e gli adempimenti sono tantissimi. Dal punto di vista organizzativo e amministrativo c’è da fare tutto un lavoro di regolarizzazione, di procedure, di metodologie, etc. e questo è un aspetto abbastanza gravoso.
Questo Parco è poi un qualcosa di particolare, ha un’elevata antropizzazione, non è un parco dove la naturalità l’avverti subito, è una zona dove la presenza dell’uomo si fa sentire in maniera prepotente, infatti uno dei nostri compiti più gravosi è proprio quello dell’antiabusivismo edilizio, con tutte quelle procedure previste dalla legge 394 del ’91; a partire dalle ordinanze di sospensione, di demolizione delle opere edilizie abusive, e ci portano via un sacco di tempo».
E il Piano del Parco?
«Il Piano del parco lo sto leggendo in questi giorni, è stato approvato nel 2010, e mi sembra sia un valido strumento. Purtroppo l’Ente Parco non ha ancora approvato il regolamento! Il Piano disciplina la zonizzazione mentre il regolamento disciplina più in dettaglio …».
Come mai il regolamento non è stato ancora approvato?
«Il consiglio direttivo lo deve approvare perché c’è stato nel frattempo una modifica del codice del paesaggio, il decreto legislativo 42 del 2004 che ha previsto che per gli aspetti paesaggistici c’è una prevalenza del Piano Paesaggistico sul Piano del Parco, quindi dobbiamo tarare il regolamento».
Il Piano Paesaggistico è regionale?
«Sì è regionale».
Quindi prevale il volere regionale su quello del Parco …
«Sugli aspetti paesaggistici».
E chi è che approva il regolamento?
«Il Consiglio Direttivo».
Ma se non erro è incompleto, mancano i cinque membri della comunità del Parco …
«Sì e in effetti è una situazione alquanto anomala, so che c’è stato un ricorso al TAR e questo ha sospeso le precedenti nomine e quindi abbiamo solo i membri delle altre rappresentanze, le Associazioni Ambientaliste, il Ministero dell’Ambiente, il Ministero delle Politiche Agricole, il Professor Luongo, il famoso vulcanologo …».
Spesso il Parco è visto come qualcosa di ostile, lontano, talvolta di inesistente! Come mai non si è riusciti a istaurare un legame con la comunità del Parco, i sindaci dei 13 comuni che la compongono e naturalmente tra i cittadini e l’Ente?
«Io non so per il pregresso cosa abbia impedito questa crescita, anche nella percezione collettiva, non so dire perché molte cose non siano state fatte ma posso dire che molto è stato fatto sull’aspetto della legalità, e proprio a causa dell’anomalia di questo Parco così antropizzato, nei primi anni c’è stata proprio un’attenzione verso le varie forme di illegalità e in questo senso, il Parco ha sicuramente rappresentato un baluardo. Forse anche per questo la gente si è allontanata sempre di più».
C’è un luogo comune, che mi lascia perplesso, ed è quello che il Parco abbia posto dei vincoli allo sviluppo locale. Mi chiedo se questi vincoli non ci fossero stati, dove sarebbero arrivati abusivismo edilizio e discariche, solo per dirne un paio delle nostre iatture!
«Il vincolo è necessario per tutelare un’area, l’area protetta nasce perché c’è l’esigenza di salvaguardare un territorio, è un aspetto che non dobbiamo mai dimenticare anche nella gestione dell’area protetta. È evidente che in un territorio di pregio, in un territorio importante dal punto di vista naturalistico etc. la presenza di vincoli è necessaria.
È chiaro che, a fronte dei vincoli, vanno attuate una serie di misure compensative, che tra l’altro sono già delineate nel percorso normativo; la legge 394 del ’91 già prevede una serie di attività che si possono fare per un certo tipo di sviluppo che sia compatibile. Tra l’altro la zonazione dell’area protetta sta proprio a indicare che ci sono varie aree, nella riserva integrale ci sono dei vincoli più stringenti, nella zona D, nella zona di promozione economica e sociale etc. delle attività le puoi fare. Quindi questo dei vincoli è un poco una favola no? Come quando dicevano che gli ambientalisti lanciavano dagli elicotteri le vipere nelle aree protette!».
Ah questa è bellissima! Sa che lo dicono ancora?
«Io voglio solo fare una riflessione, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, che è stato osteggiato per tanti anni, oggi richiama tanti di quei turisti e soprattutto tanti di quegli emigranti abruzzesi che sono rientrati nei loro paesi d’origine per mettere in piedi delle attività economiche compatibili con il territorio protetto. Ci deve essere anche la capacità sul posto, degli imprenditori, della politica di saper sfruttare queste occasioni».
Direttore, quali sono le sue aspirazioni per questo Parco?
«Vorrei che innanzitutto la natura fosse effettivamente protetta, e quindi occorre sicuramente una vigilanza, una sorveglianza continua da parte degli organi preposti e poi bisogna renderlo fruibile! Altrimenti la gente si scoccia e dice – ma questo parco che cosa mi ha portato? Qual è il vantaggio di stare dentro a un parco – Renderlo fruibile significa ripristinare i sentieri, rendere i sentieri percorribili, farli rientrare in pacchetti turistici, deve essere pubblicizzata! È questo un problema molto delicato e va affrontato quanto prima possibile».
Certo! Se ci vanno le persone non ci vanno i delinquenti a scaricare l’eternit!
«Lei ha centrato il problema, purtroppo noi siamo preda della delinquenza perché non occupiamo il territorio. Nel momento in cui le persone per bene si riapproprieranno del territorio con i loro presidi di legalità, solo allora potremo avere una riduzione dei reati ambientali. Spesso la gente ha anche paura di avvicinarsi ad alcune zone; una delle priorità è quindi quella di rendere più fruibile il Parco quindi, oltre alla senti eristica, anche centri visita …».
Un Parco più presente!
«Sì un Parco che offra dei servizi come ad esempio quelli per la didattica».
Attorno al Vulcano esiste una miriade di associazioni che spesso svolgono un lavoro encomiabile in ambito di tutela del territorio, non sarebbe opportuno istaurare un sodalizio con loro?
«A me interessa molto il rapporto con le associazioni, che giudico di vitale importanza, anche con Cittadini per il Parco ho avviato dei contatti, da parte mia sono disponibile in ogni momento».